Se le elezioni non sono andate troppo bene per il partito al governo, ieri si è aggiunta la doccia gelata sulle previsioni economiche: la Banca d’Italia ha ridotto pesantemente le stime di crescita per quest’anno. Secondo le «Proiezioni macroeconomiche per l’economia italiana» di via Nazionale, quest’anno il Prodotto interno lordo crescerà solo dell’1,1% (invece dell’1,5% previsto in gennaio), mentre l’anno prossimo l’aumento sarà dell’1,2% (la precedente previsione era stata sempre dell’1,5%). Nessun balzo nel 2018, che secondo le stime dell’istituto guidato da Ignazio Visco dovrebbe restare stabile sul +1,2%.

Le stime riviste al ribasso, spiegano da Bankitalia, riflettono «soprattutto un più debole andamento dell’economia mondiale». Male anche l’inflazione, almeno per quest’anno, nonostante i bazooka messi in campo dal “governatore dei governatori”, il presidente della Bce Mario Draghi: l’aumento dei prezzi rimarrebbe in Italia ancora pari a zero nella media del 2016, per poi risalire solo gradualmente (allo 0,9% nel 2017 e all’1,5% nel 2018)». Questo andamento dell’inflazione «riflette sia il contributo della componente importata sia quello dei prezzi interni, trainati soprattutto dalla ripresa ciclica dei margini di profitto. Al netto della componente energetica, l’indice dei prezzi al consumo aumenterebbe dello 0,6% nel 2016, dell’1% nel 2017 e dell’1,5% nel 2018».

Buone notizie (almeno sul piano della stretta statistica) dal fronte dell’occupazione: secondo le previsioni di Bankitalia, nel triennio 2016-2018 verrà «spinta dal progressivo consolidamento dell’attività economica e dagli interventi di sostegno alla domanda di lavoro». L’occupazione totale dovrebbe aumentare, dicono le stime, di circa il 2% nel triennio (di quasi il 2,5% nel solo settore privato). Il tasso di disoccupazione scenderebbe gradualmente, portandosi al 10,8% nel 2018 (oltre 1 punto percentuale in meno rispetto al 2015).

Intanto ieri il ministero dell’Economia ha diffuso i dati sulle entrate dei primi quattro mesi del 2016: aumenta il gettito totale, e più in dettaglio tutte le voci sono positive (dall’Irpef all’Ires, fino all’Iva e al frutto dei controlli fiscali). Una boccata di ossigeno per le casse dello Stato (+1,7% le entrate erariali di gennaio-aprile), notando però che l’incremento è dovuto a un aumento sia delle imposte dirette (+1,8%) che di quelle indirette (+1,6%). Neutralizzando però gli effetti sul gettito dei versamenti dell’imposta di bollo e di quelli del canone televisivo (che quest’anno si comincerà a pagare da luglio, mentre fino all’anno scorso era conteggiato sui primi mesi dell’anno), la crescita delle entrate tributarie nel periodo gennaio-aprile risulta complessivamente pari a +4,9%.

La ricetta di Visco
Una ricetta per crescere, il governatore Ignazio Visco l’aveva indicata, in occasione delle sue Considerazioni finali tenute – come ogni anno – il 31 maggio scorso. Più investimenti e taglio del cuneo fiscale innanzitutto. «Per una ripresa più rapida e duratura è necessario il rilancio degli investimenti pubblici mirati, anche in infrastrutture immateriali, a lungo differiti», aveva spiegato, ed è importante anche «un’ulteriore riduzione del cuneo fiscale gravante sul lavoro».

Si devono inoltre rafforzare gli incentivi all’innovazione e sostenere i redditi dei più poveri. Se i margini di bilancio sono oggi limitati, è però «possibile programmare l’attuazione di questi interventi su un orizzonte temporale più ampio».

Visco infine aveva lanciato un avvertimento sui conti pubblici: «L’evoluzione del contesto macroeconomico rischia di ostacolare il conseguimento» della riduzione del rapporto tra debito pubblico e Pil. «Nel 2016, uno stretto controllo dei conti pubblici e la realizzazione del programma di privatizzazioni possono consentire di avvicinarsi il più possibile a quanto programmato e garantire una riduzione significativa nel 2017».