È stato il “nuovo” Obama a presentarsi nuovamente sul podio per l’ultima tradizionale conferenza stampa dell’anno; rilassato e gioviale ha spaziato a tutto campo sulle «cose che finalmente si muovono». Il riferimento è stato ai «decreti esecutivi» annunciati nell’ultimo mese: accordo sul clima con la Cina, amnistia a carcerati, immigrazione e infine l’apertura Cuba, ognuna delle quali ha fatto infuriare i repubblicani, totalmente spiazzati pur avendo appena vinto le elezioni di mezzo termine.

«Come sapete sono giunto all’ultimo tempo della mia partita e spesso nell’ultimo tempo delle partite possono accadere cose clamorose. Non sono finite» ha detto il presidente che a tratti è parso più un comico standup che un capo di governo. All’ordine del giorno non poteva mancare la storica apertura su Cuba dove il presidente ha ripetuto I punti salient della vigilia. «Siamo contenti che il governo di Cuba abbia rilasciato oltre 50 dissidenti e che permetterà alla croce rossa di operare sul suo territorio. Allo stesso tempo capisco le preoccupazioni di dissidenti e operatori dei diritti civili. Quello dell’Avana resta un regime che opprime la propria gente. Continueremo a fare pressioni affinché questo cambi. Ma non è pensabile continuare a perseguire politiche che in 50 anni non hanno prodotto alcun cambiamento. Una Cuba più aperta, visitata da più viaggiatori e delegazioni religiose, connessa a reti di telecomunicazione, non più ermeticamente chiusa al mondo, diventerà più suscettibile a cambiamenti positivi. Non sta a me prevedere se questo avverrà più o meno rapidamente ams ento nele mie ossa che sarà  così».

 

Obama ha ricordato che malgrado abbia messo in moto un processo storico, questo non equivale alla fine ufficiale dell’embargo che solo il congresso può sollevare. «Ci sarà ora un processo di digestione da parte del congress. Esiste sostegno bi-partisan per l’apertura come anche un opposizione bi-partisan. Ci sarà un dibattito approfondito in cui anche io dirò la mia e sono fiducioso che in definitiva l’embargo sia destinato a cessare». Obama ha ribasito l’intenzione di aprire un ambasciata all’Avana ricordando a chi è contrario che gli Stati Uniti hanno ambasciate in molti altri paesi coi quali governi non concordano. Il presidente ha detto che non ci sono al momento progetti operative per una visita di Raul Castro a Washington ne prossimi viaggi presidenziali a Cuba aggiungendo però che «spero comunque un giorno di visitare quell paese e parlare con la gente cubana». Infine, prim di salutare I giornalisti e partire per la vacanza natalizia  alle Hawaii Obama ha raccontato uno stralcio della lunga telefonata avuta due giorni fa con Raul Castro: «Ho cominciato io  a parlare e non mi sono fermato per quasi un quarto d’ora. Quando mi sono scusato per essermi dilungato il presidente cubano mi ha detto “si figuri. Mio fratello Fidel una volta a parlato ininterrottamente per 7 ore e mezza”. Dopodiché anche lui ha parlato molto più a lungo di me. Così ho potuto concludere dicendogli “vedo che la parlantina è una cosa di famiglia”».