Subito dopo l’alluvione hanno creato su facebook il gruppo «La meglio gioventù», per coordinare gli studenti che si sono ritrovati per le strade di Genova a spalare il fango, ieri sono scesi in piazza per dire basta alle politiche di quello che definiscono il «partito trasversale del cemento».

Erano un migliaio a Genova e hanno percorso le strade della città maggiormente colpite dall’alluvione della sera del 9 ottobre. Giovani dei centri sociali, studenti, No Tav e tanti volontari si sono ritrovati nel pomeriggio davanti al cimitero di Staglieno, uno dei quartieri più colpiti dalla furia dell’acqua. «Siamo quelli che si sono stancati di spalare e vogliono lottare» dicono i ragazzi al megafono. Sono i giovani che non vogliono sentirsi chiamare «angeli perché gli angeli non si incazzano e noi invece siamo molto arrabbiati». «Come nel 2011 assieme a migliaia di cittadini abbiamo sopperito all’incuria delle istituzioni – spiega Giacomo Zolezzi dell’Unione degli studenti – e aiutato chi aveva bisogno, ma la necessaria solidarietà non ci deve far dimenticare le responsabilità politiche di una situazione intollerabile perché in questi anni non si è proceduto a mettere in sicurezza il territorio. E in questi giorni, con il decreto Sblocca Italia è arrivata l’ultima presa in giro, con l’assegnazione di soli 110 milioni per il dissesto idrogeologico e 4 miliardi per le grandi opere. E’ inaccettabile e chiediamo che i fondi destinati alle grandi opere siano spostati per far fronte al dissesto del territorio».

«Abbiamo spalato per quattro giorni – racconta Sara, 20 anni – senza che nemmeno ci venisse portata dell’acqua o delle pale. Abbiamo tolto il fango e i detriti a mani nude senza nessun sostegno da parte delle istituzioni, ma solo con la solidarietà e il supporto che ci siamo dati tra noi». Alessandro ha 21 anni, è arrivato da Torino lunedì mattina, ha ancora i vestiti coperti di fango e una pala in mano. «Ancora oggi sono andato a dare una mano nella zona di Staglieno – racconta – ma poi ho saputo del corteo e ho voluto unirmi perché non ne posso più di questa mancanza di coordinamento da parte di chi avrebbe questo ruolo. Abbiamo dovuto fare tutto da soli e quasi quasi sembravamo dare fastidio».

Grandi opere, cementificazione selvaggia, privatizzazioni, tagli ai servizi. Tanti i temi affrontati negli interventi che si sono susseguiti durante il corteo. «Il sindaco Doria non ha neppure pensato di fornire i bus gratis ai cittadini durante il periodo di emergenza» ha ricordato qualcuno». Quando il corteo è arrivato in via Canevari, nel punto dove è stato ritrovato il corpo di Antonio Campanella, l’ex infermiere di 57 anni, unica vittima dell’alluvione, si è levato l’urlo «Assassini, assassini», ma la scelta chiara degli organizzatori era ed è stata quella di un corteo pacifico, senza tensioni né incidenti, anche per rispetto a una città ancora profondamente ferita.

In corteo anche una delegazione dell’associazione 29 giugno, che riunisce i familiari delle vittime della strage di Viareggio («Siamo qui per portare la nostra solidarietà alla popolazione di Genova – spiega Riccardo Antonini – e per denunciare la gravità della situazione»), un gruppo di No Tav valsusini guidati da Nicoletta Dosio e i comitati genovesi e piemontesi che si battono contro la realizzazione del terzo valico. Proprio da uno di questi cantieri, in Valpolcevera, la mattina dopo l’alluvione si è staccata una frana che ha investito un treno Frecciabianca il cui locomotore, insieme a due carrozze, è uscito dai binari rimanendo fortunosamente in posizione verticale. Sarà un’inchiesta aperta dalla magistratura genovese a stabilire le responsabilità penali per un disastro ferroviario che per fortuna non è diventato una strage, ma i No Tav denunciano: «Quell’area, appena disboscata, immediatamente sopra la ferrovia non era neppure dotata di una protezione da fango e detriti. Le foto parlano da sole per questo ci chiediamo perché quel cantiere non sia stato ancora messo sotto sequestro».