Nel 1969 usciva nelle sale giapponesi Le mille e una notte, un lungometraggio animato diretto da Eiichi Yamamoto e prodotto dalla Mushi Productions, visti i suoi toni erotici decisamente un lavoro orientato verso un pubblico e un target adulto. Sullo stesso piano anche Cleopatra, codiretto dallo stesso Yamamoto assieme a Osamu Tezuka, il dio dei manga, che debuttò nelle sale del Sol Levante l’anno successivo, mentre del 1973 è Belladonna of Sadness. Si tratta di tre lavori realizzati e voluti da Osamu Tezuka e dalla sua casa di produzione Mushi Productions, una trilogia erotica che voleva proporre temi adulti, non solo sesso ma anche violenza e tematiche religiose ed esistenziali, attraverso il medium animato, sfidando quindi la norma non scritta che voleva le animazioni essere prodotti per un pubblico ampio certamente,  ma non esclusivamente adulto. Questa trilogia fu denominata Animerama e oltre ai temi che ne innervavano, la trama si proponeva di ribaltare anche l’estetica animata che di solito imperava nei lavori per la televisione e per il cinema, sperimentando così con diverse tecniche, dalle immagini fisse ad un tratto che fosse più vicino all’arte pittorica ed alle decorazioni che all’animazione «tradizionale» giapponese.

Del resto nello stesso periodo il fermento e le ibridazioni nel panorama artistico erano abbastanza nell’aria e anche Tezuka andava sondando, attraverso la realizzazione di cortometraggi, i limiti e le possibilità che il disegno animato poteva offrire. Tutti e tre questi lungometraggi non furono accolti molto bene al botteghino e anzi furono economicamente parlando un fallimento causando la bancarotta della casa di produzione di Tezuka, l’ultimo di questi, Belladonna of Sadness, fu anche realizzato senza il coinvolgimento diretto del dio dei manga e con Yamamoto dietro la macchina da presa che spinse i limiti formali e tematici della pellicola verso territori che non erano ancora stati esplorati, almeno in Giappone. Proprio per queste ragioni Belladonna of Sadness resta il più interessante dei tre ed il fatto che lo scorso anno Cinelicious Pics, un distributore americano, lo abbia restaurato e che sia ora in tour per alcuni festival in giro per il pianeta, merita senz’altro un approfondimento.

Diretto come si diceva da Yamamoto Eiichi, il film uscì nell’arcipelago nel 1973, ispirato al libro Satanismo e stregoneria del francese Jules Michelet. La storia segue le vicende della giovane e bella Jeanne che dopo esser stata abusata dal signore della contea, per vendicarsi stringe un patto col diavolo, che si manifesta nel corso del film in diverse forme falliche, la vendetta della donna porterà il caos ed indurrà al delirio sessuale tutto il villaggio. Stilisticamente e visivamente è molto debitore di certa estetica pittorica europea e la stessa realizzazione animata fu ed è ancora oggi molto particolare, più una serie di dipinti con la macchina da presa che si muove sulla sua superficie che animazione vera e propria.

Il restauro in 4K promette di (ri)portare la pellicola alla qualità originaria, specialmente per ciò che riguarda le tonalità dei colori mantenendo così intatto il delirio di psichedelia, erotismo e violenza per cui è diventato famoso.

La speranza e che prima o poi arrivi anche in qualche manifestazione italiana, mentre durante questo 2016 dovrebbe anche uscire la versione per il mercato home video, DVD e Blu-ray quindi che speriamo possano permettere a Belladonna of Sadness di essere riscoperto e di ritornare ad essere (ri)valutato per quel che è, uno dei lungometraggi animati più visivamente affascinanti che siano mai usciti dall’arcipelago nipponico.

matteo.boscarol@gmail.com