«Le Soprintendenze e gli Istituti di restauro sono eccellenze italiane, godono di grandissimo prestigio all’estero ma sono sempre più in sofferenza per la carenza di personale. Bisognerebbe intervenire urgentemente con nuove assunzioni», spiega Giuseppe Proietti, che è stato segretario generale del ministero dei Beni culturali, soprintendente alle Antichità di Roma e soprintendente ad interim alle Antichità di Pompei. Nel 2010 è andato in pensione, attualmente è sindaco di Tivoli e amministratore dell’Ales spa, società in house del Mibac. «Sei anni fa – prosegue – i dipendenti del ministero erano circa 22mila, oggi sono circa 17mila; gli architetti, gli ingegneri, i restauratori e gli storici dell’arte hanno un’età media superiore ai 50 anni e sono circa 1.300, una cifra troppo bassa che è destinata a calare con i nuovi pensionamenti. Così, se è possibile rimpiazzare solo il 20% di chi va via per raggiunti limiti di età, allora sarebbe meglio puntare soprattutto sui ruoli tecnici».

Capitolo appalti: il ricorso a ditte esterne nei Beni culturali non è una novità degli ultimi anni, ma una pratica utilizzata anche in passato. Sicuramente però è necessario ripensare gli strumenti di selezioni delle società: «Il criterio del massimo ribasso – spiega Proietti – venne introdotto nella pubblica amministrazione per assicurare la trasparenza della selezione nei bandi. In un settore delicato come il nostro probabilmente non è adatto. Nell’attribuzione dei punteggi si dovrebbe dare importanza all’esperienza acquisita sul campo non solo dal direttore tecnico, una figura che può essere reclutata da qualsiasi ditta, ma da tutti i professionisti impiegati nei lavori».

Proietti specifica di non aver mai lavorato a Villa Adriana a Tivoli né avere mai avuto un ruolo negli appalti del Grande Progetto Pompei e «neppure ho mai avuto alcun rapporto con le vicende che riguardano le ditte esterne incaricate dei lavori nei due siti archeologici». Ha invece lavorato molto all’estero, attraverso accordi tra governi, e al patrimonio Unesco italiano: «Il nostro Paese ha il maggior numero di siti patrimonio dell’umanità, sono 51, dietro di noi c’è la Cina, lavorare alla conservazione è un impegno importante. I bandi di solito vengono vinti da imprese di grandi dimensioni che si occupano soprattutto del costruito. La legge vieta il frazionamento degli appalti, poiché potrebbe essere un espediente per commettere illeciti. Così spesso la stessa impresa si occupa anche degli apparati marmorei, stucchi, dipinti a parete. Per questo è necessario valutare i curricula di tutti i professionisti coinvolti. E poi bisogna migliorare anche il personale addetto all’accoglienza, meglio assumerlo all’esterno tra laureati che conoscano le lingue straniere».