Per papa Bergoglio, che visita per la prima volta il Messico, dove si tratterrà fino al 17, oggi è il giorno degli incontri ufficiali: quello con il presidente Enrique Pena Nieto, con le autorità e il corpo diplomatico e anche con «rappresentanti della società civile». Prima di partire, in una videoconferenza con la stampa messicana, il pontefice ha affermato che non intende nascondere il «pezzo di guerra» in atto nel paese.

Una guerra che colpisce in primo luogo «le persone più vulnerabili» e che si declina in varie forme: «Il Messico dei cartelli, della corruzione, delle droghe – ha detto -, non è quello che vuole nostra Madre, la Vergine di Guadalupe», a cui Bergoglio dedica oggi una delle sue prime messe.

La corruzione della classe politica messicana si alimenta della commistione tra imprenditoria e potere politico, che favorisce gli affari di un ristretto numero di imprese e di famiglie, e interessa tutto l’arco dei partiti politici, molte cariche federali e municipali. Humberto Moreira, ex governatore di Coahuila ed ex presidente nacionale del Pri, è stato di recente in carcere in Spagna per una settimana con l’accusa di aver lavato denaro sporco, poi è rientrato in Messico. Lo stesso presidente Nieto è stato chiamato in causa per interessi privati in atti pubblici. Secondo la Banca mondiale, la corruzione rappresenta il 9% del Pil messicano, circa 20.000 milioni di dollari all’anno.

Nel confine assai labile tra legale illegale che pervade le istituzioni, prosperano le organizzazioni criminali, mostrando l’evidenza di un «narco-stato». La cosiddetta lotta al narcotraffico, finanziata ogni anno dagli Stati uniti, serve ad alimentare la macchina repressiva contro l’opposizione sociale nelle zone in cui la memoria di un tempo in cui il Messico aveva suscitato grandi ideali non produce passività ma resistenza: come nelle combattive scuole rurali del Guerrero, da cui provenivano i 43 studenti scomparsi a Iguala. I loro famigliari, che dal 26 settembre del 2014 chiedono che s’indaghi nelle caserme e nelle alte sfere, hanno ottenuto un posto in prima fila nell’ultima messa del papa, ma non un’udienza come avrebbero voluto. Dal dicembre 2012, quando il presidente Pena Nieto ha assunto l’incarico, si sono registrati 55.098 omicidi dolosi, su un totale di 155.492 e 27.000 scomparsi da quando, nel 2006, l’ex presidente Felipe Calderon ha dichiarato la «guerra al narcotraffico».

Bergoglio visita uno dei paesi più pericolosi al mondo per i giornalisti, come indica l’elevato numero di reporter ammazzati. L’ultima della lista è stata Anabel Flores Salazar, torturata e uccisa nello stato di Veracruz. Molte organizzazioni per i diritti umani hanno chiesto al papa di pronunciarsi contro la violenza di genere. Secondo l’Onu, in Messico vengono ammazzate 7 donne al giorno. Solo nello stato di Messico, da gennaio 2014 a settembre 2015 ci sono stati 602 assassinii di donne, il 16% dei quali sono considerati femminicidi. E tristemente nota è Ciudad Juarez, una delle mete di Bergoglio.

Il Messico – denunciano nelle piazze i movimenti popolari – è uno stato «fallito» e i costi ricadono per intero sui settori meno favoriti. In poco più di tre anni di governo Nieto, il debito estero è aumentato, in proporzione al Pil, di 10,5 punti, arrivando al 44,9%. Il peso messicano si è svalutato di oltre il 42% rispetto al dollaro, e le privatizzazioni decise dal neoliberista presidente hanno fatto pagare ai lavoratori le conseguenze della caduta del prezzo del petrolio. Dall’inizio del governo Nieto, in un paese in cui oltre la metà della popolazione è povera, si sono aggiunti altri due milioni di nuovi poveri. Il Messico continua a essere uno dei paesi più diseguali dell’America latina, ove il 10% più ricco ha un’entrata 30 volte superiore al 10% dei più poveri.

Nel secondo paese al mondo per numero di cattolici, dopo il Brasile, il papa ha in agenda la visita ad alcune delle zone più povere e più devastate dalla violenza e alle diocesi non visitate dai suoi predecessori: per ribadire alle gerarchie ecclesiastiche messicane, in maggioranza conservatrici, che, per lui, la chiesa e la fede «non sono da museo». Intanto, diverse associazioni denunciano che, come avviene durante importanti occasioni internazionali, i poveri sono stati allontanati dalle strade, per non fornire «una cattiva immagine del paese».

A Ciudad Juarez, Bergoglio visiterà i detenuti, il 70% dei quali si definisce cattolico. Per quella che sembra una lotta fra cartelli della droga, nel sovraffollato carcere di Topo Chico, a Monterrey ci sono stati 49 morti e 12 feriti; il massacro più grande che si sia verificato in un carcere messicano nell’arco di trent’anni.