Papa Francesco, diversamente da come lo hanno ritratto in un graffito murale comparso nottetempo a Borgo Pio e subito cancellato ma che ha fatto il giro della blogosfera, non è solito impiastrare muri con simboli della pace aiutato da guardie svizzere. I papi, questo si sa, usano altri canali per mandare messaggi al mondo. È vero però che negli ultimi giorni Jorge Mario Bergoglio sta ripetendo messaggi a tema unico: la pace e l’impegno per il disarmo. L’ultimo lo ha pronunciato giusto ieri mattina ricevendo in udienza gli ambasciatori di Svezia, Moldavia, isole Fiji e Maurizio, Tunisia e Burundi in occasione della presentazione delle loro lettere credenziali.

IL DISCORSO ai nuovi ambasciatori ha ripreso ampi stralci del messaggio apostolico preparato il giorno dell’Immacolata per il 1°gennaio dell’anno nuovo, quando si celebrerà la cinquantesima Giornata mondiale della Pace, il cui testo è stato diffuso lo scorso 12 dicembre, cioè proprio lo stesso giorno in cui la Conferenza congiunta cattolico-protestante a Berlino, influente gruppo ecumenico nato nel 1973 e conosciuto in Germania con l’acronimo Gkke, ha diffuso il suo inquietante ultimo rapporto sul boom della vendita di armi tedesche verso i paesi del Golfo le aree di conflitto, gli Stati-canaglia che ha messo in serio imbarazzo la cancelliera cristianodemocratica Angela Merkel.

Nelle 118 pagine del rapporto si fa notare infatti come «totalmente inaccettabile» che la Germania, terzo esportatore mondiale di armi, nel 2015 ne ha vendute per 798 milioni di dollari all’Arabia saudita, da impiegare in Yemen, e per 1,77 miliardi di dollari al Qatar che, sottolinea mondignor Karl Justen, «opera una massiccia violazione dei diritti umani e sostiene gli islamisti in tutto il mondo».

BERGOGLIO, naturalmente, senza entrare in questo dettaglio, ma fornendo un quadro di riferimento, nel suo messaggio di fine annoha «assicurato» che la Chiesa cattolica, con il «nuovo Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale» che si aprirà il 1° gennaio 2017, «accompagnerà ogni tentativo di costruzione della pace anche attraverso la nonviolenza attiva e creativa». Una terminologia nuova, che il papa incastona in un sistema di riferimenti dai predecessori Paolo VI a Giovanni XXIII e dal Discorso della Montagna del Nazareno fino a Madre Teresa che denunciava i trafficanti di armi, per finire al «Mahatma Gandhi e Khan Abdul Ghaffar Khan nella liberazione dell’India» e alle «migliaia di donne liberiane che hanno organizzato incontri di preghiera e protesta non violenta ottenendo negoziati di alto livello per la conclusione della seconda guerra civile in Liberia».

Il pontefice riprende l’analisi sulla situazione di «un mondo frantumato» eppure «intimamente connesso», dove «purtroppo siamo alle prese con una terribile guerra mondiale a pezzi». Dice: «Non è facile sapere se il mondo sia più o meno violento di quanto lo fosse ieri, né se i moderni mezzi di comunicazione e la mobilità che caratterizza la nostra epoca ci rendano più consapevoli della violenza o più assuefatti ad essa».

«QUESTA VIOLENZA che si esercita “a pezzi”, in modi e a livelli diversi, provoca enormi sofferenze di cui siamo ben consapevoli: guerre in diversi Paesi e continenti; terrorismo, criminalità e attacchi armati imprevedibili; gli abusi subiti dai migranti e dalle vittime della tratta; la devastazione dell’ambiente. A che scopo?». La risposta è netta: «Rappresaglie e spirali di conflitti letali recano benefici solo a pochi signori della guerra».

La risposta che invece il papa dà, ricordando la conclusione e novembre del Giubileo della Misericordia, è a favore della «famiglia umana», la proposta di una «ecologia integrale fatta anche di semplici gesti quotidiani nei quali spezziamo la logica della violenza, dello sfruttamento, dell’egoismo».

Ieri, riprendendo il discorso con gli ambasciatori, Bergoglio è stato più politico e si è rivolto a «coloro che ricoprono cariche istituzionali in ambito nazionale o internazionale», richiamandoli a «assumere nella propria coscienza e nell’esercizio delle loro funzioni uno stile non violento». E, per essere più esplicito, nel messaggio per l’anno che viene, l’avvio di un «percorso di transizione politica verso la pace». O meglio «verso un’etica di fraternità e di coesistenza pacifica tra le persone e tra i popoli», che «non può basarsi sulla logica della paura, della violenza e della chiusura ma sulla responsabilità , sul rispetto e sul dialogo sincero».

AI LEADER DEL MONDO il papa rivolge perciò un appello in favore del disarmo e della proibizione e abolizione delle armi nucleari, e un appello a tutta l’umanità a un impegno «con la preghiera e l’azione» a bandire la violenza e «a prendersi cura della casa comune», oltre che per la fine della violenza domestica e degli abusi su donne e bambini.