Saltato. Ufficialmente «rimandato» per ragioni di salute l’appuntamento che ieri Silvio Berlusconi aveva dato a Milano agli alleati Giorgia Meloni e Matteo Salvini per programmare la campagna del No al referendum. Le condizioni fisiche dell’ex Cavaliere, fresco di ritorno dagli Stati Uniti, sono un alibi inattaccabile per sconvocare un vertice. Ma l’ordine del giorno della rimpatriata, il tema sensibilissimo del referendum, lascia trasparire anche troppo l’indecisione di Berlusconi. Il che depone anche a favore della sua perfetta lucidità, al di là delle condizioni di debolezza fisica: schierarsi in prima fila per il No prima di avere sondaggi consolidati e capire dove davvero si fermerà la pallina della roulette potrebbe essere molto controproducente per Mediaset, da sempre core business delle scelte politiche del suo patron. D’altro canto l’ex Cavaliere fa dire ai suoi che il programma delle futuro comparsate tv resta in scaletta. Come resta l’impegno preso con i suoi e con gli alleati per il No, sebbene un «No ragionato», «moderato» e addirittura «riformista» come lo definisce Stefano Parisi.

Scelta ribadita non solo dallo spumeggiante Renato Brunetta ormai in lizza con il mondo, ma anche dal compostissimo e pure filoaziendalista Paolo Romani che – come l’altro – è intervenuto mercoledì pomeriggio all’assemblea per il No di D’Alema e Quagliariello. Anche se il barometro del Senato segnala qualche colpo di freno da parte del capogruppo forzista.
Dall’altra parte però, e cioè dal fronte dei sommergibilisti del Sì, da giorni arrivano segnalazioni sul lavorìo di Fedele Confalonieri, Gianni Letta e Denis Verdini. Il trio filo-nazareno, ben consapevole delle debolezze analogiche del Cavaliere, cerca di definire un pacchetto o, detto meglio, uno scenario possibile per il dopo-referendum capace di consigliare il presidente non certo di schierarsi per il Sì (la giravolta sarebbe persino controproducente), ma di attenuare molto la sua adesione al No. Sul piatto, piuttosto che l’ottimismo sulla sentenza della Corte di Strasburgo contro la decadenza dal Senato dell’ex Cavaliere (attesa i prossimi giorni), ci sarebbero alcune «opportunità» future. Fra le quali far balenare un qualche Nazareno 3.0 (quello 2.0 proposto da Verdini è già archiviato) con possibilità di rimpasto di governo e inserimento di ministri graditi, anche se non direttamente forzisti. C’è chi assicura che a corredo di questa proposta c’è un capitolo delicato che riguarda il dossier Telecom-Vivendi. Per capire fino a dove spingersi, il tris in un’occasione sarebbe diventato un poker, con l’invito a colazione di Luca Lotti. Per sondare fino a che punto spingere l’offerta a Berlusconi. E convincerlo alla non belligeranza.

Berlusconi prende tempo. E così la barca si impantana. Della conferenza programmatica forzista a Milano che doveva trasformarsi nella prima kermesse per il No si è momentaneamente persa traccia. Al suo posto c’è giusto una sparuta corsa di una decina di Fiat 500 griffate Forza Italia che partirà il 22 ottobre da piazza San Babila alla volta delle manifestazioni per il No, ammesso che se ne trovi qualcuna. La scena di quel che fu il centrodestra è totalmente impegnata invece dalle polemiche fra Parisi e i colonnelli ( e i caporali) azzurri. Ieri il futuro già mancato nuovo leader del centrodestra, dalla Sicilia dove inizia il suo tour Megawatt ha attaccato: «Dobbiamo avere dei leader che vanno in televisione a dire cose serie e moderate. Basta con le urla». A Brunetta sono saltati i nervi, more solito: «I sempre più frequenti giudizi di Parisi, in un crescendo rossiniano hanno finito per rivelarsi una scomunica morale della dirigenza passata e presente di Forza Italia». L’accusa è quella di rottamare Forza Italia, come Renzi ha fatto con la ’vecchia guardia’ Pd. Brunetta come D’Alema, insomma. Quasi. Comunque, la guerra interna a Forza Italia non è certo lo spot giusto per portare gli i confusi elettori azzurri a votare contro la riforma costituzionale che tanto assomiglia a quella di Berlusconi, come ormai dal Pd nessuno più si trattiene dal dire.