Quando, due giorni fa, Denis Verdini gli ha proposto di risalire sul treno del Nazareno votando l’Italicum alla Camera, Berlusconi per una volta, non ha esitato e ha chiuso il discorso: «Non se ne parla nemmeno».

Nella inedita fermezza del sempre indeciso Silvio si mescolano elementi personali e privati, che nel suo caso non vanno mai sottovalutati, ed elementi politici.Sul piano personale si sente tradito e ritiene pazzesco, come ha detto senza giri di parole a Verdini, che ci si possa fidare ancora di un biforcuto come Matteo. Sul piano politico Berlusconi sa che un nuovo giro di valzer gli impedirebbe anche solo di conquistare quel 9% alle Regionali, la linea di confine tra la vita e la morte. Una simile mossa farebbe saltare l’intesa con la Lega, ultima ancora di salvezza.

Ma c’è qualcosa in più nel no opposto da Berlusconi al suo ex consigliere più ascoltato. Tutte le anime di Fi sono convinte che una volta ottenuta la pistola carica dell’Italicum, Renzi finirà per usarla. «E’ vero – dice la vicepresidente dei senatori Bernini – che c’è la clausola di salvaguardia per cui la nuova legge non dovrebbe poter essere usata prima del giugno 2016. Ma uno come Renzi ci mette un secondo a eliminare quella clausola con una leggina, se non addirittura con un decreto».

E’ una paura se non proprio condivisa di certo compresa persino da Verdini. Di fronte alla rigidità del capo ha garantito che i suoi deputati, una decina in tutto, voteranno disciplinatamente contro l’Italicum, pur aggiungendo che però si esprimeranno invece a favore della riforma costituzionale. Sono parecchi i parlamentari forzisti, inclusi alcuni tra i più lealisti, che esiteranno a votare contro una riforma che non è stata stravolta ma casomai migliorata.

Questa però è storia di domani. L’agenda del giorno squaderna il capitolo incandescente della legge elettorale. Dopo essersi assicurato la fedeltà di tutte le sottobande forziste, Berlusconi ha due carte tanto disperate quanto poco probabili. La prima è far mancare il numero legale quando la legge arriverà in aula. Sulla carta potrebbe essere una via praticabile, se la minoranza Pd decidesse di unirsi alle opposizioni e se l’Ncd, che teme le elezioni se possibile ancor più degli ex fratelli azzurri, desse, discretamente, una mano.

In concreto la faccenda è più spinosa. Per la minoranza Pd la scelta aventiniana sarebbe deflagrante, probabilmente un passo senza ritorno che ben pochi sono disposti a muovere. Inoltre Renzi non esiterebbe a minacciare il ritorno alle urne, anche se non è affatto detto che sia davvero disposto a correre un simile rischio. Prima di tutto perché non è certo che Mattarella lo spalleggerebbe, e anzi i segnali arrivati dal Colle sono ben poco rassicuranti. In secondo luogo perché votare con il Consultellum sarebbe un mezzo suicidio.

La seconda carta di Berlusconi è scritta nell’ultimo dei tre emendamenti fondamentali presentati da Fi.

Il primo mira ad aumentare la presenza delle minoranze, che al momento quasi non hanno neppure un vero diritto di tribuna.

Il secondo punta a introdurre l’apparentamento al secondo turno.

Il terzo, sulla base della sentenza della Consulta che vieta di adoperare sistemi troppo disomogenei per le due camere, chiede di rinviare l’entrata in vigore dell’Italicum a dopo la conclusione delle riforme istituzionale.

E’ un emendamento che potrebbe compattare non solo le opposizioni ma anche l’Ncd, o almeno la sua parte meno legata al Pd, dal momento che la pistola carica a Renzi preferirebbe non consegnarla neppure Alfano. Sempre che dentro Fi ci sia ancora qualcuno in grado di lavorare a un’intesa del genere.