Silvio il Redivivo spunta a sera sul suo Tg5, ma solo per dimostrare di esistere ancora. Recita un copione prevedibile: opposizione dura (a parole) sulla politica economica, dato che «Renzi con una mano dà e con l’altra toglie», garanzia che d’ora in poi il successo tornerà a sorridere agli azzurri perché «alle ultime elezioni io non ero in campo ma ci sono di nuovo», però fedeltà piena al patto del Nazareno, le cui modifiche dovranno essere condivise: «Troveremo insieme una soluzione». Nemmeno una virgola di nuovo, e soprattutto niente che indichi se il socio voglia o no dare il via libera alle «correzioni» che Renzi vorrebbe apportare all’Italicum.

Eppure proprio qui è il vero nodo: la manovra che consegnerebbe al presidente del consiglio un potere quasi assoluto è nelle mani del capo dell’opposizione. E non è affatto escluso che Berlusconi acconsenta, per ora esita. Nei colloqui degli ultimi giorni ha oscillato tra un quasi sì e un mezzo no. Deve fare i conti con un partito che comprensibilmente non ha voglia di farsi sacrificare sull’altare delle convenienze economiche del suo capo. Lui stesso non vorrebbe regalare il Paese al pur amato ragazzotto, però teme che a un rifiuto seguirebbero puntuali rappresaglie sul fronte delle aziende. Dunque per ora prende tempo, ma è probabile che alla fine farà l’estremo gesto.

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Estremo non per modo di dire. L’assetto che Renzi ha in mente è molto diverso da quello uscito fuori dal primo incontro del Nazareno. Il punto irrinunciabile, per l’inquilino di palazzo Chigi, è che le prossime elezioni deve vincerle da solo, e per poi governare da solo. Dunque il premio di maggioranza deve andare alla lista. Il sì del Ncd, già incassato, costerà un drastico abbassamento della soglia di maggioranza. Poco male: in fondo un pachidermico partito di maggioranza con di fronte un opposizione frammentata in piccole o piccolissime formazioni è quasi l’ideale. Per tenere buona la minoranza Pd toccherà dargli qualche preferenza, ma non sul capolista e probabilmente neppure concedendo le candidature multiple, che ai dissidenti va concesso un diritto di tribuna e non più di quello. Dell’Italicum rimarrebbe così soltanto il nome. La legge che palazzo Chigi vagheggia è ritagliata a misura di Matteo Renzi, e infatti nelle chiacchierate informali i suoi ufficiali nemmeno fingono di considerare definitivo il passaggio della legge al Senato, peraltro ancora da calendarizzare. Si tratterà a tutti gli effetti di una prima lettura.

Nessuna tentazione di votare subito però, nonostante i boatos che imperversano nei corridoi della politica. Renzi è certo che il tempo giochi a suo favore. Le elezioni anticipate restano un’arma di riserva, da adoperarsi solo se il quadro economico si profilasse davvero devastante oppure se i sondaggi dovessero registrare un pericoloso calo di popolarità. Del resto la garanzia di non correre alle urne già nella prossima primavera è una delle condizioni poste dal socio di Arcore per concedere il suo assenso alla legge che regalerà all’amico/nemico l’Italia. Renzi è ben contento di concedergliela. Tanto più che prevedibilmente nei primi mesi del 2015 anche Napolitano passerà la mano e Renzi tenterà di piazzare sul Colle una sua marionetta. Al momento, salvo imprevisti, c’è un solo leader che potrebbe bloccarlo: si chiama Silvio Berlusconi ed è molto improbabile che lo faccia.