Si è fatto attendere per mesi, ma alla fine Silvio Berlusconi ha fatto quel che il partito gli chiedeva e che da sempre gli riesce meglio: è andato in tv. Nello studio più amico, quello di Bruno Vespa, e in ottima forma. Fedele al proprio ruolo esordisce con una battuta nella quale c’è probabilmente molta verità: «Perché voto No al referendum? Me lo chiedo anche io». Poi recupera: «Con il Sì c’è il rischio di una deriva autoritaria, di una sola persona padrona del governo, dell’Italia e degli italiani». L’ironia è anche un modo per prendere le distanze dalla guerra di religione ingaggiata intorno alle urne: se passa il No sarà tra i vincitori, se perde vuol essere solo mezzo sconfitto.

Ma l’ex onnipotente è in campo per il No e non, come molti pensavano, per il Nì. A risolvere gli ultimi dubbi sono stati, come sempre, i sondaggi che danno la riforma per probabilmente sconfitta. Dunque liquida sbrigativo il dissenso con i vertici Mediaset: «Temono ritorsioni». Ma sbagliano perché per l’azienda il guaio sarebbe casomai la vittoria del Sì. Più che sulla prova del 4 dicembre, Berlusconi sembra concentrato sul day after, e anche in quel caso getta acqua sulle preoccupazioni: «Il governo non cadrà. Ha la maggioranza e la manterrà. Poi i parlamentari che non sono certi di tornare in Parlamento saranno attaccati alla sedia». Conosce i suoi polli.

Non si può dire che il leader azzurro celi il proprio progetto: «Riforma elettorale proporzionale con sbarramento al 5% e poi Grosse Koalition sul modello tedesco». Così non ci sarebbe neanche bisogno di coalizzarsi con Salvini e con Fdi. Lo si può capire, è il solo modo per rientrare al governo, ma è anche la strada che Renzi vede come un incubo. L’uomo di Arcore tutto è tranne che un ingenuo: sa che il rischio è quello di tornare a votare con l’Italicum. Forse in estate, come dice il vicesegretario Pd Guerini: «Se vince il No si vota entro l’estate, se vince il Sì andiamo avanti fino al 2018». Ma forse anche prima: negli ultimi giorni è dilagata la sensazione che Renzi come anche, sul fronte opposto, Salvini intendano invece correre alle urne subito, entrambi per capitalizzare a botta calda i voti referendari.

Renzi, insomma, si chiede se per trasformare i Sì in altrettanti consensi e passare così il 40%, strappando il premio al primo turno, non sia consigliabile votare il prima possibile, anche con un sistema diverso per Camera e Senato. Per questo Berlusconi mette le mani avanti: «Quella di cambiare la legge elettorale è solo una promessa e se si sciogliesse con questa legge il rischio di andare incontro a una dittatura di Renzi o di Grillo sarebbe grosso».

C’è un ultimo capitolo spinoso: la leadership del centrodestra. Non sarà di Parisi: «Mai licenziato perché mai assunto. Vuol fare il federatore ma attacca Salvini. Buona fortuna». E allora? Un’idea Silvio il cabarettista ce l’ha: «Vespa sarebbe il migliore».