Oggi e domani, in Vaticano, si svolge un convegno celebrativo per i 25 anni della «Centesimus annus», organizzato dalla Pontificia Accademia delle Scienze sociali alla Casina Pio IV. Insieme a sociologi ed economisti, vi saranno due capi di stato provenienti dal continente latinoamericano: Evo Morales, presidente della Bolivia e il suo omologo dell’Ecuador, Rafael Correa. Due rappresentanti di quell’America latina che si richiama al socialismo del XXI secolo e che dialoga con Bergoglio sui temi delle diseguaglianze, della crisi ambientale e della giustizia nel mondo, di cui si discuterà al convegno. Ma fra gli invitati vi sarà anche il senatore socialdemocratico Bernie Sanders, che compete con Hillary Clinton alle primarie Usa.

Dato l’atteggiamento fin qui tenuto dal papa argentino, si può pensare che non disdegni i discorsi – piuttosto arditi, per gli Usa -, pronunciati da Sanders contro la pena di morte, le basi militari, e le ingerenze (che sono state il pane quotidiano anche di Clinton quand’era segretaria di Stato, come orgogliosamente racconta nel suo libro di memorie, Hard Choices).

Per la verità, secondo la diplomazia vaticana, tra Sanders e Bergoglio non dovrebbe esserci nessun incontro ufficiale: “Non risulta in agenda”, ha tagliato corto il portavoce della santa Sede, Federico Lombardi, precisando che l’invito non è arrivato dal Vaticano ma dalla Pontificia Accademia, diretta da monsignor Marcelo Sanchez Sorondo (nato a Buenos Aires come il papa, di cui è amico e consigliere).

Sorondo, insieme al cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson (un progressista), ha organizzato l’incontro con le organizzazioni popolari, prima in Vaticano e poi in Bolivia, durante il viaggio compiuto da Bergoglio in alcuni paesi dell’America latina. In quel contesto, Morales gli ha regalato una croce a forma di falce e martello, scolpita da Luis Lucho Espinal, un gesuita che ha camminato a fianco dei marxisti e che è stato massacrato dalla dittatura militare nel 1980.

Le foto, diffuse in tutto il mondo, hanno mostrato l’espressione stupita di Bergoglio, ma non un rifiuto. Di certo, non l’aria accigliata che il papa ha ostentato durante la visita dell’attuale presidente argentino Mauricio Macri, neoliberista che sta piallando i diritti conquistati durante gli anni del kirchnerismo.

L’occasione attuale, però, ricorda un papa e un periodo di tutt’altro segno, il documento sociale di Giovanni Paolo II, che il papa guerriero amico di Reagan ha scritto all’indomani della caduta del Muro di Berlino. Un pontefice che avrebbe ostracizzato non solo un Morales, ma anche un ben più moderato Sanders. Il senatore del Vermont è stato comunque “bacchettato”, sia dalla stampa del suo paese che da quella nostrana.

Appena ha saputo del convegno, si è detto, ha tampinato il Vaticano fino a provocare fastidio, intanto che si affrettava a dichiarare alla stampa di essere stato invitato dalla santa Sede: per attirare il voto cattolico, lui che cattolico non è. Ha protestato con la Pontificia Accademia anche il giuslavorista Pietro Ichino, che ha ritenuto dissonante “l’egualitarismo” di Sanders.

Ma il senatore socialdemocratico, dopo un affollato comizio a Washington Square e il duello con Hillary Clinton, è partito per Roma, dove si fermerà per meno di 24 ore, e dove spera comunque di incontrare Bergoglio: «Non mi perdo questa opportunità», ha dichiarato al Washington Post. Comunque vada, avrà una carta in più da giocare nell’importantissimo match di martedì a New York.

E d’altro canto, le vie del Vaticano, se non proprio infinite sono sufficientemente flessibili o contorte da accogliere nel proprio seno sia un cardinale come Turkson che un personaggio come l’honduregno Oscar Andrés Rodríguez Maradiaga. Un uomo potente, che stava per diventare papa al posto di Bergoglio. Un salesiano nominato cardinale nel 2011 su indicazione di Wojtyla e un amico fidatissimo di Washington: “capace di esprimersi in maniera costruttiva su qualsiasi pecca o problema americano”, dicono i cablogrammi Usa. E infatti si è schierato con i golpisti che, su indicazione della Cia, hanno deposto in Honduras il presidente Zelaya, nel 2009.

Contro il cardinale – già denunciato per aver ricevuto un salario mensile di 5.000 dollari dal governo honduregno che ha preceduto Zelaya – è sceso in campo, fra gli altri, il premio Nobel argentino Adolfo Perez Esquivel. Ma già in un articolo sul Tiempo, pubblicato 21 gennaio del 1982, il sacerdote Fausto Milla denunciava Maradiaga per complicità con i militari, definendolo “più simile a un colonnello che a un pastore”. Oggi Mariadega, in versione ambientalista, è uno degli uomini più vicini a Bergoglio.