Il referendum costituzionale del 4 dicembre sarà – anche – il calcio d’avvio dello scontro congressuale del Pd e la prima pietra della ricostruzione della sinistra. Se vince il Sì, va detto, potrebbe essere anche l’ultima; ma se perde tutto tornerebbe in discussione, dal segretario alle regole dello statuto dem alla morte delle alleanze a sinistra. Ormai l’ex leader Bersani, scatenato a tutto No, non usa giri di parole. Nel Pd sarebbe meglio «far eleggere il segretario dagli iscritti e lasciare le primarie di coalizione per la scelta del candidato premier del centrosinistra», spiega a Repubblica. È la tesi già sconfitta allo scorso congresso, ma in politica chi perde può ritentare. Per questo il futuro scontro congressuale sarà «tra il partito di Renzi e una nuova prospettiva ulivista che rifondi la sinistra».

Ulivisti o altro, il premier sa che c’è un pezzo della politica italiana che si prepara alla ’Renxit’, ma da Palermo se la ride: «C’è una variegata alleanza di quelli che dicono No: D’Alema, Berlusconi, Monti, Fini, Dini, Cirino Pomicino», «il loro obiettivo è riprendersi il governo che gli abbiamo tolto perché non erano stati in grado di cambiare le cose. Noi vogliamo il futuro, non il passato». Ma futuro e passato sono concetti relativi a Palazzo Chigi: ieri il comitato del Sì ha rispolverato una vecchia intervista di Indro Montanelli a favore di un esecutivo più forte. La replica del No: «Si riconosce il vero obiettivo di questo referendum: cambiare la forma di governo, togliendo poteri al parlamento in favore dell’esecutivo e del suo capo. Evviva la sincerità».

Lo scontro è ruvido. Secondo Scenari politici (per Huffington Post) il No è avanti con il 52 per cento ma il Sì accorcia le distanze al 48 ed è in rimonta. Renzi è convinto che una mano a convincere gli indecisi potrebbe arrivare dall’accordo sull’Italicum fra maggioranza e minoranze Pd nella commissione dem istituita all’ultima direzione. Entro la manifestazione del Sì del 29 ottobre si capirà se la pax renziana sarà davvero firmata. Ma ieri Bersani lo ha di fatto escluso. E sulla Stampa Federico Fornaro, uno degli uomini che gli sono più vicini, ha rivelato che la disponibilità da parte della minoranza era solo tattica: «Il tempo è scaduto per farci cambiare posizione sul referendum», il tentativo di Cuperlo è «un contributo utile alla discussione e nulla più». Parole, quelle di Bersani e dei suoi, definite «incendiarie» dal presidente Orfini, che nella commissione è uno dei più determinati a portare a casa un accordo con Cuperlo. E poi magari godersi lo spettacolo della rottura fra la componente cuperliana – ridotta ormai ai minimi – e quella bersaniana. Anche Cuperlo non apprezza le parole dei suoi compagni: «Proviamoci», insiste, «da parte di tutti servono gli estintori perché alimentare l’incendio non aiuta». Se la commissione fallisse «salterebbe la stessa unità politica del Pd in vista del referendum costituzionale», avverte Giorgio Merlo. Ma Bersani ormai è scatenato per il No. E anche Massimo D’Alema manda a dire al suo ex pupillo che sul fronte della legge elettorale non c’è più niente da fare: «Ho grande rispetto e stima per Cuperlo, ma è evidente che nessuna commissione potrà mai cambiare l’Italicum prima del referendum, anche perché l’Italicum è oggetto del referendum. Quindi chi è contro l’Italicum deve votare No».

Quanto a D’Alema, ieri ha spiegato che il referendum italiano è paragonabile quello inglese sull’uscita dall’Europa, ma non nel senso sostenuto dal governo: «Renzi parla a nome di una gioventù che non lo segue. I giovani votano No. Votano Sì solo le persone molto anziane forse anche perché hanno maggiore difficoltà a comprendere questa riforma sbagliata», insomma proprio come fu con la vittoria di Brexit «gli anziani non si rendono conto che approvando la riforma renziana si rovina la vita dei nipoti». Bordate dal fronte del Sì: «Da una persona di 67 anni credo che sia un autogol dire una cosa del genere», attacca ancora Orfini, altro suo ex pupillo.
Ma a poco più di un mese dal voto ormai la battaglia è senza esclusione di colpi. Così nel corso di un comizio a Palermo ieri Renzi è inciampato in una battuta alla Salvini commentando la gigantografia delle facce del No che gli venivano proiettate alle spalle (D’Alema era la più visibile, al centro dello schermo): «Metti via», ha ordinato al tecnico delle immagini, «magari qualcuno ha mangiato».