Tra i più onesti e genuini animatori al mondo, con uno stile idiosincratico e la sua longevità Bill Plymton ha ispirato diverse generazioni d’ artisti.

Dai suoi disegni per Penthouse, Screw e The New York Times, si è ricavato uno spazio produttivo e distributivo importante nell’animazione. Il suo matrimonio nel 2011 con Sandrine Flament e la nascita recente del suo primo figlio, sembrano averlo rinvigorito fisicamente e creativamente.

Al festival di Gijon ho avuto la possibilità di conversare con lui sul suo mondo d’artista. Aria gentile, ferrato umorismo, lo stesso delle sue storie animate, con un completo bianco e un panama extra large mi parla del suo universo animato con passione, soddisfatto delle nuove possibilità produttive.

Al cinema gli piace andare poco e tra gli ultimi film ha visto Woody Allen, di cui ammira l’umorismo controverso e provocatorio. Lusingato delle attenzioni ricevute dal pubblico europeo, mi dice: «Gli spettatori spagnoli capiscono i miei film più dei miei connazionali. Il loro immaginario è ricco dell’arte di grandi artisti: Dalì, Picasso, Goya. In Europa il pubblico ha un gusto colto e raffinato. Negli Stati Uniti i nostri gusti col tempo sono stati addomesticati dai grandi studios, come la Dyseny. Non disprezzo affatto la Dysney, ammiro la loro animazione, il problema è che le loro idee dominano l’ immaginario collettivo e occupano uno spazio di mercato impenetrabile. È difficile per nuove forme d’animazione, mondi diversi, magari provocatori, trovare spazio».

Ha declinato diverse offerte lucrose. Autofinanziandosi è riuscito a realizzare un numero notevole di lavori senza rinunciare a una forma tecnicamente completa. Mi può parlare dell’ arte dell’indipendenza?

Per un brevissimo periodo ho lavorato in pubblicità, creando spot per la Nike e l’American Airlines. L’ho fatto semplicemente per trovare i soldi per i miei film. Ho anche lavorato e guadagnato bene, disegnando diversi episodi dei Simpson. Finalmente ora sono in grado di mantenermi solo con il ricavato dei miei film. Il mio modo di lavorare non richiede grandi risorse finanziarie. Per la promozione di un film la Dysney spende molto in campagne pubblicitarie mastodontiche, personalmente non perdo tempo per promuovere i miei lavori. Ho un pubblico che negli anni è cresciuto naturalmente, affezionandosi al mio cinema, senza cercarlo con grandi sforzi si è autocostituito. Ho prodotto più di sessanta cortometraggi e dieci lungometraggi d’animazione, ora guadagno con i diritti. Tutto il lavoro che ho fatto continua a portami guadagni. Ho pieni diritti su tutto quello che creo, i guadagni dei miei film rientrano a me, questo è il privilegio di lavorare in modo indipendente. Lo sforzo produttivo parte solo da me, ma torna totalmente a me. Altro punto fondamentale è che il mio studio non è grande, ci lavorano solo sei persone. Mi trovo a mio agio con questa dimensione. Inoltre la mia società non è dominato dalla burocrazia. L’arte per me è più importante del denaro. Mi rendo conto che può essere visto come il mio punto debole, ma sono fatto così, mi piace mantenere questo metodo di lavorare.

Ha iniziato a lavorare negli anni ottanta. Come il digitale ha influenzato il suo lavoro?

Con il digitale indubbiamente è aumentata la facilità di realizzare un filmato d’animazione. Ora è sufficiente un computer qualunque, un programma e chiunque può creare animazione. Una volta era molto più complicato. In un certo senso, come per il cinema, c’è una democratizzazione del mezzo con un aumento di prodotto, ma non necessariamente questo conduce ad un aumento di qualità.

Tra i suoi film ce ne è uno in particolare che le ha richiesto un processo produttivo e creativo particolare?

Certamente: La Casa Volante. È un film di 30 minuti, racconta la storia di una coppia perseguitata dai banckers e dai padroni di casa. La donna ha mangiato del formaggio e lei immagina che la casa vola via dal proprietario. C’è una sequenza che dura cinque minuti in cui la casa è nella spazio, la terra ruota, si vedono gli oceani e la luna che ruota e poi vedi la casa vola in alto fino a raggiungere le costellazione. L’immaginazione si amplifica.

Ha usato Kick-starter per la prima volta per finanziare «La Casa Volante».

Per produrre la Casa Volante ho pagato 25,000 dollari di tasca mia, ero rimasto senza un soldo, allora ho usato kick-starter per trovare gli altri soldi e in sei mesi abbiamo potuto finire il film. Abbiamo raccolto 20,000 dollari in totale. Generalmente lavoro con un piccolo gruppo di sei animatori, per le illustrazioni della Casa Volante ho voluto usare la stessa tecnica di trent’anni fa, un processo molto lento e laborioso, per finire il film in tempo ho dovuto assumere quattro persone. Non ho più bisogno di andare a Hollywood per i soldi o cercare i finanziamenti dal governo, con kick-starter mi rivolgo direttamente al pubblico. All’inizio della mia carriera, ero abituato a rivolgermi agli Studious, con il mio story board e le mie idee, ma ora non devo più farlo.

Il suo amico Terry Gilliam mi ha raccontato dei problemi che ha nella distribuzione dei suoi film a causa dei grandi studios. Lei riesce a mantenere la proprietà dei suoi film, forse per l’animazione il sistema distributivo è più democratico?

Ho visto tutti i film di Terry Gilliam, sono così rivoluzionari e belli, è sempre stato uno dei miei filmaker favoriti. Il suo cinema mi ha sempre profondamente influenzato. Per me è un genio. Ammiro il suo coraggio. Per i film di finzione la situazione è un più ostica. Per quanto mi riguarda anche per me è impossibile trovare un distributore negli USA allora è meglio andare direttamente su internet. Nel 1992 ho realizzato che potevo fare un film in completa indipendenza, ora tutti lo possono fare, possono fare animazione ‘fatta in casa’, e questo è fantastico, perché tutti possono fare animazione oggi. Vedo una nuova era per l’animazione.

Quanto questo ha cambiato il suo lavoro?

Ora ho i soldi e il tempo per lavorare bene ad ogni sequenza. I miei film devono competere con quelli della Disney. Le mie strisce non sono perfettamente pulite, rimangono un pò rudimentali, sono più realistiche e crude. Semplicemente perché non ho il tempo e il numero di animatori che ha la Dysney, ma quantitativamente produco quando loro.

Quando aveva quattordici anni ha mandato i suoi disegni alla Disney e le hanno risposto che era un talento promettente ma troppo giovane. Mi racconta la sua relazione con gli Studios?

Non mi sono mai sentito vicino alle loro esigente. Ho compreso all’inizio della mia carriera che non avevo una relazione con loro. D’altronde avrei inserito sequenze di donne nude nel background dei loro film, credo che mi avrebbero licenziato subito. Mi piace creare storie folli, mi piace sorprendere, raccontare l’imprevedibile. Magari gli Studios vengono da me proponendomi un grande progetto, con una bella storia, un grosso stanziamento, certamente accetterei. In realtà, sono molto invidioso delle loro potenti campagne promozionali. Ammiro la Pixar per i corti d’animazione. Anche a me piace raccontare storie brevi. Spesso ho delle idee che non possono entrare in un film lungo. Oltre ai corti, con la Pixar vedo solo le macchine che lavorano e i computer sono troppo costosi per me. Posso creare milioni di film animati con i soldi che la Pixar usa per fare un solo film. Mi piace vedere gli errori della mano umana nei disegni. Voglio rimanere il ragazzo che disegna storie.

La musica con le sue storie ha sempre un rapporto speciale, me ne racconta uno?

Molte delle mie storie si ispirano alle mie esperienze di vita. Ricordo che ero fidanzato con una donna, all’inizio ci amavamo alla follia, dopo due mesi ci volevamo strangolare a vicenda, ma comunque volevo continuare ad aver sesso con lei. In quell’occasione realizzai che mi trovavo in un’opera, con una grande passione, come in una tragedia greca. Una relazione dai sentimenti estremi, in quel caso ho scelto due cantanti d’opera per creare la musica del film ed enfatizzare le emozioni della storia.

Quale è la ragione dell’assenza di dialoghi nei suoi film?

Ragione semplice, sono più semplici da vendere, ed è d’effetto raccontare storie per immagini. Senza sottotitoli sono più semplici da vendere. Mi piace raccontare storie senza parole, anche perché non sono uno bravo scrittore.

Viaggia molto per promuovere i suoi film, lavora duro per trovare i soldi dei film e distribuirli. Quando trova il tempo per disegnare?

È un talento che ho sviluppato all’inizio della mia carriera, mentre lavoravo ad un corto dovevo trovare i soldi lavorando a uno spot. Mentre cercavo i soldi per un progetto, me ne veniva in mente un altro, ho sempre portato avanti più lavori contemporaneamente. Mi piace viaggiare, difficilmente rinuncio all’invito di un Festival, dove posso incontrare il mio pubblico. L’amore per l’animazione nasce dalla passione per il disegno. Non riesco a smettere di disegnare. Disegno continuamente, su un tovagliolo, su un pezzo di carta, su uno scontrino. Porto sempre con me un notebook, una matita, e da li partono tutte le idee dei miei film.