Nelle foto ufficiali c’è un Tony Blair (l’ex premier britannico oggi inviato dell’Onu ma anche lobbista di multinazionali del gas) molto renziano in camicia bianca fra le due ministre> (molto belle, non dirlo sarebbe un’omissione alla cronaca) Madia e Boschi; dirimpetto uno scioltissimo Matteo Renzi. Ma le foto ufficiose della pizza a Palazzo Chigi con Renzi e l’ex premier britannico mercoledì sera, pubblicate con l’hashtag #cosedilavoro dal portavoce Filippo Sensi su Instagram, scoprono un (mezzo) mondo sorridente, una trentina fra ministri e onorevoli e signore e attaché scelti fra blair-entusiasti della prima e della seconda ora variamente collocati ma comunque di sentimenti newlabouristi.

Ma allargando i pixel l’immagine svela anche un paio di «intrusi», politicamente parlando s’intende: il ministro Andrea Orlando, uomo di punta della sinistra governista, solido non-renziano tanto promettente che il premier vuole spedirlo a fare il governatore indifferentemente della Liguria o della Campania pur di allontanarlo dai riflettori della Giustizia; e Giuditta Pini, giovanissima deputata antiF35, secchiona in aula e a casa studiosa di Togliatti e della morale comunista. Entrambi giovani turchi, e cioè di quella frazione della sinistra interna che affianca il segretario alla guida del partito; ma che è culturalmente antiblairiana, critica della Terza via e del cedimento che la sinistra laburista di fine anni 90 fece «a un’idea iniqua e sbagliata della globalizzazione», «ai maitre a penser del dominio del mercato e della finanza», insomma al liberismo. E critica pure (e di più) degli epigoni italiani di quella Terza via, Massimo D’Alema sopra tutti, ex padre politico e matrice oggi invece considerato – altro che Berlusconi, ma il ragionamento si svolge su un filo sottile che sembra bordeggiare il paradosso, e invece no – il vero padre di Renzi nei cui attacchi antisindacato «sembra di risentire il discorso di D’Alema al Palaeur nel noto congresso dello scontro con Cofferati, (il congresso Pds del `97, ndr)». Come spiegava Matteo Orfini un anno fa.

Orfini, che oggi è il presidente del Pd e vanta una solidissima intesa con il segretario, di quest’area è il leader e il regista. E non ha cambiato idea su Blair. Ma quando ieri mattina ha letto sui giornali che l’ex leader britannico riconosceva Matteo Renzi come «il nostro erede», si è lasciato andare a un sospiro e a un «sperem de no», perché, poi ha spiegato ai cultori della materia, «dal mio punto di vista la sinistra di oggi deve porre rimedio ai danni di quella di ieri. Quindi, semmai, da quella sinistra ereditiamo responsabilità assai più che successi». E se da sempre per Renzi Blair è un modello e forse anche un mito, risponde compostamente «si ispiri a chi ritiene, importante è che non ne segua le politiche. Oppure: il Blair che innova e vince va bene. Ma noi cambiamo la direzione dell’innovazione».

Orfini alla cena non è andato. Al suo posto era seduta la giovane Pini. Che della pizza a Palazzo parla con entusiasmo. «Per me è stata una bella opportunità. Una cosa che non avrei mai pensato di fare». E aggiunge, con una nota da ingraiana che non è, «Non posso dire che Blair mi ha convinto», e da noglobal che non è «Posso dire che se avessi incontrato il subcomandante Marcos sarei stata più emozionata». E conclude, da giovanissima qual è: «Ma comunque dico wow».