Le città del blues e la loro anima pulsante. Luogo che vai, modalità espressiva e matrice artistica che trovi. Solisti, formazioni minimali di due elementi, ensemble maggiormente strutturati, brass band vere e proprie. Ognuno con una caratteristica che lo contraddistingue, si dedica alla sana e soddisfacente pratica dell’intrattenimento musicale. Alcune volte l’entertainer di turno è maggiormente dedito alla spettacolarità, altre assume una chiave più intimista. Ecco dove negli States, accadono le cose maggiormente interessanti.

NEW ORLEANS (Louisiana)

 

Guarda il caso, dalle parti di Nowlins la situazione è effervescente come non mai. Oltre al re del blues Luke Winslow-King- che ascoltiamo parlare in prima persona nell’intervista in pagina 13 – e «il migliore» di tutti Troy «Trombone Shorty» Andrews e i suoi suoi Orleans Avenue, ecco i nomi migliori. Tra le brass-band spicca senza alcun dubbio quello di Tuba Skinny, formazione in bilico tra blues, swing e ragtime. In strada dal 2009 circa con alla guida la vocalist Erika Lewis, di recente hanno pubblicato da indipendenti il sesto disco Owl Call Blues. Suoni alla Storyville arrivano della Shotgun Jazz Band che ha dato da qualche mese alle stampe Yearning, ottimo disco in cui all’interno di una validissima formazione spiccano Martha Dixon alla voce e Ben Polcer al piano. Blues e cajun-rock invece per Lost Bayou Ramblers che con il loro Gasa Gasa Live brillano per energia e coraggio, implementando elementi psych: strano ma vero, e ben fatto. Complimenti alla creatura dei fratelli Louis e Andre Michot.

Non ha un’uscita recente ma in compenso è un personaggio autentico Marc Stone, già conduttore radiofonico, giornalista di carta stampata e ottimo bluesman vicino nello stile ai suoni di personaggi come Walter «Wolfman» Washington. Per lui attesa a breve una nuova pubblicazione. Chiusura con quella che è probabilmente dopo Shorty, il talento maggiore: anche se giovanissima Amanda Shaw, ex bambina prodigio con il suo fiddle a oggi è l’unica capace di mescolare cajun, rock e blues e in contemporanea in grado di fare grandi numeri. Complice anche una voce particolarmente incisiva, al «New Orleans Jazz Festival» i suoi spettacoli sono sempre tra i più seguiti e ballati. Per il 2015 si attende una nuova uscita di cui si dice un gran bene. Per i più curiosi è già reperibile in rete una fulminante e divertente versione di Should I Stay or Should I Go dei Clash, analisi perfetta di quello che è il suo stile.

 

CLARKSDALE (Mississippi)

Il crocicchio, nella metafisica del blues. Il luogo della leggenda, quello del patto col diavolo e amenità simili. La verità di oggi racconta di una città che deve ringraziare un paio di attività commerciali che hanno contribuito alla rinascita di questo posto. Attività di appassionati, con le loro contraddizioni certo, ma a cui va riconosciuto un merito storico. Ecco quindi che Clarksdale, sempre povera e lontana da situazioni socio-economiche sane per chi ci abita, continua ad avere classe e capacità di affabulazione. È stata eletta da Watermelon Slim sua dimora: il bluesman tra i migliori tre del mondo per tutti gli anni duemila, il social-activist contestatore mai domo, vive lì. Altro personaggio fedele a se stesso e a un ruolo di misantropo comprimario nonostante doti eccelse è Bill Abel, che seppur viva fuori città, mantiene il focus delle sue attività da quelle parti. Sessionman per moltissimi artisti, un perenne nuovo disco che deve arrivare e inebriante capacità da one-man band «raw ‘n’ dirty». Altro personaggio estremamente influente è Sean «Bad» Apple, voce impressionante e una chitarra figlia diretta del grande Junior Kimbrough. In città potete incontrarlo spesso il lunedi sera presso il club Bluesberry Caffè, posto gestito dalla famiglia Crivaro, di chiare origini italiche. Qui «Apple»dà davvero il suo massimo. Se poi sperate in un disco, scordatevelo. Da queste parti incidere, non è poi così importante. Probabilmente la pensa così anche quello che al momento è forse il miglior giovane talento. Voce e chitarra di livello superiore, polistrumentista, capace di passare dalla notte di Howlin’ Wolf alla luce dei The Jelly Roll Kings senza essere derivativo di alcuno. Si chiama Anthony «Big A» Sherrod e potrebbe davvero essere un numero uno. Per il momento si accontenta di far sgranare gli occhi a chi vive lì e a qualche turista che non si spaventi dei juke-joint dove si può trovarlo. Ieri come oggi, Clarksdale è apparentemente sonnacchiosa e depressa, ma ancora profondamente selvaggia.

 

HILLS (Mississippi)

Sì. Ancora qui nel nord del Mississippi, scivolando su e giù dolcemente dalle Colline. Non ci vuole molto ad immaginare che le cose qua vadano in un certo verso: i migliori vengono in buona parte dall’area geografica in cui perdere la propria anima non è affatto impossibile. Aggiornamenti quindi in tempo reale: Cedric Burnside Project prossimo al terzo disco in cui la grossa novità è la presenza di Garry Burnside, notizia questa che fa sperare in un lavoro epocale. I fratelli Luther e Cody Dickinson da parte loro sono impegnati a proprio nome o assieme ad altri in numerosi progetti: basti sapere che Luther ha inciso con Mavis Staples e che si attende il nuovo a suo nome. Assieme i due fratelli si sono rivolti ai vecchi compagni di ventura che formavano con loro The Word (Robert Randolph e John Medeski): a maggio prossimo avremo tra le mani Soul Food (Vanguard Records): voci di corridoio parlano di una registrazione da brividi. Immaginatevi se possono star fermi personaggi come Jimbo Mathus e Alvin Youngblood Hart, sia a titolo personale che collettivo. Esatto, sta arrivando il nuovo capitolo della South Memphis String Band. Se ancora non vi basta sappiate anche che R.L. Boyce dopo l’uscita del 2013 Ain’t the Man’s Alright, sta vivendo una nuova giovinezza e porta il suo Hill-Country blues rurale a zonzo per gli States, dalle atmosfere cool di New York a quelle downhome delle sue parti. Non ne abbiamo poi certezza ma sembra che la famiglia Hurt, portatrice sana dello stesso stile di Boyce, rischi di vedere inciso il suo sano, vecchio e sanguigno idioma musicale su di un vinile. Ma questa, non è notizia confermata. Di certo vi è solo che le Colline, sono davvero rigogliose.

 

MEMPHIS (Tennessee)

Continua ad essere languidamente adagiata su un tempo imperfetto che la fa vivere in una sorta di bolla temporale. A Memphis comunque inizia a girare nuovamente molta musica e molteplici sono le realtà interessanti che si stanno affacciando sulla scena. Molte di queste che riempiono il chitlin’ circuit locale, girano nella artefatta Beale Street. Da qui si è imposto di forza negli ultimi anni l’armonicista Brandon Santini. Superbo allo strumento e soddisfacente alla voce, ma soprattutto capace di tirare giù qualsiasi pubblico seduto di fronte a lui grazie a un elettrico e poderoso stile Chicago. Proprio in queste settimane presenta il nuovo lavoro Live & Extended! (VizzTone Label Group). Suo alter-ego è il cantante e pianista Victor Wainwright che assieme ai suoi WildRoots, poderosa band che comprende una ricca sezione fiati, ripercorre strade vicine ai percorsi Stax. Buona novella per lui che ha abbandonato proprio a inizio gennaio il percorso da indipendente grazie alla firma con la Blind Pig Records. Instancabile continua la sua lunga strada anche Davis Coen, cantante e busker di razza purissima. Uno di quelli che musicalmente parlando si colloca appieno sulla Highway 61, capace come è di fondere con maestria Hill-Country blues e melodie degne della miglior Americana Sound. Tra i giovani emergenti figurano lo storyteller dalla voce scabra Julian Dossett e il suo fresco Delta blues presentato nel disco Three Poisons, nonché la giovane ma meritevole Kitty Dearing, ambedue provenienti dal collettivo Brister Street. Citazione ultima chiaramente rivolta a Valerie June: di lei si sa già tutto e le notizie meno note sono forse che la città inizia a pullulare di sue epigone e che l’artista oramai assurta alla notorietà mondiale, giunga proprio da Memphis. E proprio la June, suo malgrado, potrebbe divenire quel faro guida che non c’era fino a poco tempo fa all’interno del movimento cittadino.

 

PORTLAND (Oregon)

Ed eccoci arrivati alla fine del nostro viaggio, nel profondo nord. Non a caso a Portland, città dove la musica regna sovrana in tutti i suoi aspetti e stili possibili. Vicinanze, probabilmente non a caso, con Nowlins, ve ne sono, e parecchie. Una quantità smisurata di formazioni e molta, molta musica da strada nonostante le condizioni climatiche siano spesso avverse. Icona blues inarrivabile sono gli Hillstomp del duo composto da Henry Kammerer e John Johnson. Da poco alle stampe il loro Portland, Ore, ennesima dimostrazione di forza del loro Hill-Country blues capace – ai confini col garage da un lato e con il folk dall’altro – di rimanere sempre di altissima qualità. Altro gruppo influente e con molti più anni alle spalle come esperienza musicale sono Sassparilla, anche loro freschi di uscita con The Darnest Thing (Fluff & Gravy Records). Nonostante passi il tempo la matrice artistica che li caratterizza non perde colpi: continuano a raccontare cose in bilico tra jug-band, blues pre-war e punk di strada. Rassicurante e avvolgente è il suono della Caleb Klauder Band, suoni country blues e honky tonk: gente col cappellaccio in testa che tira le vocali cantando col sorriso. Non male. Un lupo solitario vero e proprio è invece il one-man band Right on John, che si diletta in un riuscito punk blues alla Richard Johnston. Molto bravo ma scarsamente prolifico dal punto di vista discografico. Meno rumoroso e più dedito a miscelare il suo blues con melodie morbide è McDougall, che con il suo folk blues rappresenta un riferimento fondamentale per la scena underground della città. Non disdegna tra l’altro trasgressioni punk blues anch’egli. Finale tutto per The New Iberians Zydeco Blues Band: hanno iniziato nel 1998 e non hanno alcuna intenzione di smettere. Divertenti e allegri come il nome stesso che si portano dietro declama con semplicità e schiettezza. Buon viaggio con le città del blues 2015.