Avrà anche ragione Matteo Renzi quando, pur nel dichiararsi scontento dei risultati elettorali, invita i giornali a considerare il fatto che il Pd su oltre 1300 comuni al voto ne ha portati a casa mille. Il presidente-segretario dice che «non esiste un problema nazionale», semplicemente è successo che «gli elettori hanno fatto zapping, se c’è un candidato che gli piace lo votano». Però i voti oltre che contarsi si pesano – e vedremo che neppure i conti tornano.

Politicamente quanti di quei comuni andati al Pd valgono la sola città di Roma? Nella Capitale è sceso dal 26% di Marino al 17% di oggi, doppiato dal 26% del M5Stelle. E Napoli, che gli ha voltato le spalle anche questa volta nonostante i miliardi promessi a Bagnoli in campagna elettorale? Che cosa succederà nei ballottaggi a Torino (oggi sotto la Mole il M5Stelle è diventato il primo partito) e a Bologna (dove il Pd ha perso 40mila voti) lo vedremo. Perché adesso questo partito in difficoltà (che da ragione alla minoranza quando lamenta l’assenza di un vero segretario del partito) dovrà affrontare la nuova girandola dei ballottaggi.

Milano prima di tutti. Qui, il candidato al quale affidare le chiavi della città lo ha scelto il presidente del consiglio. Sala come successore di Pisapia, l’esperienza arancione, con la sua “coalizione sociale” rottamata a vantaggio di una “coalizione manageriale”. L’astensione si è impennata, l’emorragia di voti ha colpito il partito democratico, conseguenza di una scelta politica netta e precisa, difficile da collocare a sinistra piuttosto che a destra, come del resto dimostrano i profili dei candidati gemelli Parisi-Sala sponsorizzati dai due leader nazareni.

Con la robusta pedalata di Parisi, Berlusconi ha ridimensionato Salvini nel capoluogo lombardo, inesistente e messo all’angolo a Roma. Che fine farà il vecchio centrodestra non è scritto. Se nella Capitale non si fosse diviso per una conta interna, non solo sarebbe andato al ballottaggio contro Virginia Raggi, ma avrebbe potuto giocarsi la riconquista del Campidoglio. E anche a Napoli al ballottaggio ci va il candidato del Cavaliere.

Come si vede ora che i voti si sono trasferiti dal chiuso delle urne alla luce del sole sono tanti i messaggi da leggere. Sia quelli a breve che seguiremo nelle due settimane che ci separano dai ballottaggi, sia con lo sguardo più lungo in riferimento a possibili elezioni politiche anticipate, a seconda di chi vincerà sul campo di battaglia del referendum sulla riforma costituzionale. Sia guardando a sinistra del Pd.

A parte l’esperienza del giovane Zedda a Cagliari, una coalizione di centrosinistra che ha avuto il voto dei cittadini con la riconferma del sindaco al primo turno, a Torino con Airaudo, a Roma con Fassina, a Milano con Rizzo non è andata benissimo. E’ stato gettato un piccolo seme, ma i candidati non hanno raggiunto l’obiettivo che si erano proposti in questa sfida comunale: non hanno allargato lo spazio politico. Evidentemente non hanno svolto un ruolo attrattivo per l’elettorato che ha mollato il Pd. Centinaia di migliaia di voti persi dal partito democratico, come da facili profeti avevano previsto, o sono rimasti a casa o sono andati ai 5Stelle. E’ vero, come diceva ieri Fassina, che Sinistra Italiana è una forza in formazione, senza un “posizionamento nazionale chiaro”, però se lasciamo da parte il politichese, che le liste di sinistra fossero un’offerta alternativa al Pd era abbastanza chiaro, da Torino a Roma, da Bologna a Milano. Forse è arrivato il momento di capire un po’ più a fondo cosa c’è che proprio non va.