Alla fine la legalità tanto invocata negli ultimi tempi sotto le Due Torri è arrivata anche per la palazzina occupata Ex Telecom di Bologna. Dopo lo sgombero settimana scorsa di una piccola occupazione abitativa, ieri è toccato alle trecento persone che dal dicembre 2014 avevano trovato casa nell’ex call center di via Fioravanti, proprio davanti il nuovo palazzo del Comune di Bologna.

Uomini, donne e bambini – in totale 105 i minori – che assieme al collettivo Social Log avevano ridato vita a una palazzina di proprietà privata e ormai vuota da anni. Per loro uno sgombero iniziato alle sette del mattino e finito, dopo una lunga resistenza sul tetto, quando il sole non c’era già più.

Duecento carabinieri e poliziotti sono stati impiegati in un’operazione che ha avuto i suoi momenti di tensione e di violenza. Prima una carica contro un presidio di protesta, poi l’avanzata degli agenti nei piani alti della struttura dove si erano asserragliate donne e bambini.

Nei video in rete si sentono le urla degli occupanti e si vedono gli agenti tentare di trascinare via chi oppone resistenza passiva. Le testimonianze parlano anche di calci e spintoni. «Vergognatevi. Prego solo Dio che possiate provare anche voi di trovarvi senza i soldi per mandare un figlio all’ospedale», ha detto piangendo una signora abbandonando il palazzo alle sette di sera. Un’occupante è stata invece portata in ospedale con la mandibola rotta. Secondo Social Log sarebbe stata colpita dai calci degli agenti.

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La lunga resistenza degli occupanti ha portato a un risultato concreto: il Comune si è impegnato nel garantire una sistemazione abitativa a tutti, famiglie o single senza eccezioni. Un risultato di non poco conto, visto che la proposta iniziale era quella di tutelare solo i minori e i loro familiari.

In tarda serata, dopo una giornata di silenzio, è arrivato il comunicato del sindaco Virginio Merola. Il primo cittadino ha specificato che lo sgombero è stato «richiesto dalla Procura ed eseguito dalla Questura» e ha anche ribadito l’impegno nell’assicurare una sistemazione per tutte le famiglie con minori, «cosa che siamo in grado di garantire».

«Ho sempre lavorato e fino a un minuto prima dell’intervento delle Forze dell’Ordine – ha invece detto con amarezza l’assessore al welfare Amelia Frascaroli – Ognuno ha le sue responsabilità, io ho delle responsabilità politiche ma queste sono terminate necessariamente e mio malgrado con l’arrivo della Polizia. Non si dica mai, quindi, che io voluto questo sgombero perché è falso».
Contro il questore e prefetto si sono scagliati i vertici nazionali di Sel. «Vista l’evidenza di interventi attuati ripetutamente senza il coinvolgimento delle istituzioni locali e mettendo a rischio diritti costituzionalmente garantiti», ne hanno chiesto la rimozione Arturo Scotto, Nicola Fratoianni e il deputato emiliano-romagnolo Giovanni Paglia.

«Bologna non può trasformarsi da città dei diritti in città degli sgomberi», ha sintetizzato su facebook Nichi Vendola. Il Pd invece ha rotto il silenzio per dire, per bocca del segretario regionale Paolo Calvano, che le istituzioni devono coordinarsi, «e il coordinamento c’è stato e deve proseguire». Un modo, ha detto Calvano, per garantire «un adeguato equilibrio tra legalità e umanità».

Comunque una sconfitta per la politica locale, da oltre un anno impegnata nel trovare soluzioni per l’emergenza casa e spesso rimasta impigliata tra lungaggini burocratiche, difficoltà normative, polemiche pro-legalità, esposti a ripetizione contro le occupazioni e un protagonismo di questura e procura che su questi temi si fa sempre più pesante.

C’è invece chi affronta la questione da un punto di vista differente. E’ il caso di Don Nicolini, religioso molto conosciuto in città per il suo impegno a favore degli ultimi. Per il sAcerdote che fu allievo di Dossetti le occupazioni come quella dell’ex Telecom «forse danno vita a una legalità superiore. Lì viene offerto aiuto, e questo è un fatto culturale, politico e spirituale».

Lo sgombero di Bologna ha avuto ripercussioni anche a Roma. I movimenti per il diritto all’abitare hanno dato vita a un presidio di solidarietà a Porta Pia, ma i manifestanti sono stati affrontati con gli idranti e poi caricati. Visto che il traffico era bloccato, recita un comunicato della Questura di Roma, «le Forze di Polizia sono dovute intervenire con l’utilizzo del mezzo idrante per disperdere i facinorosi».