«Subito il Piano nazionale amianto». “Subito” è la parola giusta, impegno quanto mai disatteso: un Piano fu elaborato, in effetti, all’Assemblea nazionale di Venezia del 2012 (al governo c’era Monti), ma da allora tutto è rimasto sommerso, e sulle bonifiche si è proceduto “a macchia”, a seconda della sensibilità dei diversi amministratori locali. Un convegno organizzato ieri alla Camera da Cgil, Cisl e Uil ha cercato di ridare impulso: «Se dovessimo continuare a questi ritmi – ha sintetizzato Silvana Roseto della Uil – finiremmo le bonifiche in 80 anni».

L’amianto è un problema ambientale, certamente, ma è anche un’emergenza sanitaria e tocca da vicino la vita non solo di tanti lavoratori e delle loro famiglie, ma anche di cittadini – donne, anziani, bambini – che vivono vicino ai siti più a rischio. Che possono essere imprese, edifici pubblici, scuole. Sono ancora tra le 30 e le 40 milioni le tonnellate di materiale non bonificato nel nostro Paese, in circa 34 mila siti. Ma sono tutte stime per difetto: perché le Regioni, se si eccettuano alcune come Marche e Abruzzo, non hanno mai ultimato una propria mappatura, e perché tanto amianto si trova più banalmente nei tetti delle nostre case e condomini: quindi oltre alle grosse bonifiche pubbliche e delle imprese, si dovrebbe procedere a un piano di lavori famiglia per famiglia.

Come? Ad esempio estendendo l’ecobonus, che ha molto funzionato per l’efficientamento energetico, anche ai lavori di bonifica per amianto. «L’ecobonus ha mosso investimenti per 25 miliardi di euro nel 2015, dando lavoro a 400 mila persone – ha spiegato Ermete Realacci, presidente della Commissione Ambiente della Camera – Può essere una occasione non solo per bonificare, ma anche per creare nuova occupazione».

La possibilità di un ecobonus amianto è contemplata nel Def, come ha ricordato lo stesso sottosegretario alla presidenza del consiglio Claudio De Vincenti, ma non è detto che poi si traduca in realtà al momento di varare la legge di Stabilità. Il governo ha comunque spiegato che, pur in assenza di un Piano nazionale effettivo, le ultime leggi di Stabilità hanno previsto stanziamenti: «Nella Stabilità del 2015 si è stanziato un fondo di 145 milioni per le bonifiche, e 45 milioni l’anno per 3 anni indirizzati in particolare alle scuole. Previsto anche il credito di imposta al 50% per le imprese».

Eppure in tanti territori le bonifiche sono ancora una chimera, senza contare che l’emergenza sanitaria è destinata ad aggravarsi nei prossimi 10 anni: se allo stato attuale l’Inail registra 1500 morti per mesotelioma l’anno (ma sono tante altre le patologie asbesto-correlate, tanto che secondo le associazioni si deve parlare di almeno 6 mila morti l’anno), tra il 2020 e il 2025 si dovrebbe toccare il picco massimo, raggiungendo i 3500-4000 casi di mesotelioma ogni anno.

Una malattia su cui le grandi case farmaceutiche non fanno ricerca, perché a livello mondiale i casi sono pochi. Secondo Mario Marazziti, presidente della Commissione Affari sociali della Camera, sarebbe utile creare una rete nazionale, e un fondo interregionale, per sostenere le attività di ricerca e terapia per questo male che uccide velocemente e non lascia scampo: in genere il decorso dura non più di un anno e porta alla morte praticamente nella totalità dei casi. Intanto, si attende ancora il Registro nazionale tumori, in gestazione presso il ministero della Salute.

Quanto ai sostegni offerti agli ammalati e ai loro familiari, il Fondo vittime dell’amianto risale al 2008: ma nel 2015, ha spiegato Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera, è stato esteso anche a tutti gli altri cittadini. Inoltre, secondo Damiano è importante «blindare» i soldi che avanzano ogni anno, per evitare che non vengano «depredati» per altri fini. I malati di amianto sono stati ricompresi nella più vasta categoria dei lavori usuranti, quindi già in passato hanno potuto usufruire di uscita anticipata dal lavoro: una possibilità che è giusto riconfermare anche nelle future riforme della previdenza.

In alcune regioni come le Marche o la Toscana negli anni passati era addirittura obbligatorio rivestire le tubature con amianto. L’Inail, all’interno dei 276 milioni di euro che ha riservato alla messa in sicurezza delle imprese, ha ritagliato 83 milioni a fondo perduto che possono essere utilizzati per le bonifiche da amianto. Si tratta dei bandi Isi, che però hanno un limite: possono essere richiesti solo da soggetti iscritti alle camere di commercio (appunto le imprese), mentre ospedali e edifici pubblici sono esclusi.

Le scuole, come detto, hanno dei fondi governativi dedicati: sono almeno 2400 gli edifici scolastici inquinati in tutta Italia, con 350 mila alunni esposti a possibile pericolo e 50 mila dipendenti tra docenti e non docenti.

Se Confindustria si è detta disponibile a finanziare – di concerto con lo Stato – una indennità speciale per le vittime, la Regione Piemonte ha portato l’esempio delle sue azioni di contrasto: un comitato regionale politico (con enti locali e parti sociali) e uno scientifico, l’Ufim (l’Unità funzionale interaziendale mesotelioma) che fa ricerca e assiste chi ha contratto il tumore tipico da inquinamento da amianto, sportelli di informazione e un dettagliato monitoraggio dell’Arpa.

Il sottosegretario De Vincenti ha assicurato che il 5 maggio, in sede di Conferenza Stato-Regioni, istituirà ufficialmente il Tavolo per il Piano nazionale amianto. Speriamo sia la volta buona.