Timori e tremori alle porte dell’inverno, perché se lo sciame sismico cominciato mercoledì sera – ieri alle 18.34 ancora una forte scossa da 4.2 gradi con epicentro nel perugino -, non ha causato vittime, la zona appenninica tra le Marche e l’Umbria è in piena emergenza: sono oltre venti i comuni danneggiati, e i sindaci hanno passato gli ultimi giorni a rassicurare i cittadini da una parte e a firmare ordinanze di sgombero dall’altra.

L’ASSESSORE REGIONALE alla Protezione Civile Angelo Sciapichetti parla di «situazione che si fa più grave di ora in ora» perché «una parte della provincia di Macerata già colpita dal sisma del 24 agosto ora è in ginocchio». La soluzione è una sola, a quanto pare: «Bisogna lasciare momentaneamente il territorio, perché con il freddo non possiamo allestire tende e per le casette ci sono tempi tecnici». Il problema più evidente, prosegue Sciapichetti, è che «bisogna convincere la gente fortemente attaccata ai luoghi ad andare in albergo o in altra autonoma situazione. D’altra parte chi vuole restare in queste zone montane ha una forte motivazione, molto difficile da abbandonare».

GLI STESSI SINDACI dei vari paesi, infatti, provvedono a riempire le agenzie di dichiarazioni preoccupate e chiedono a gran voce che si faccia presto a ricostruire perché il pericolo di scomparire c’è ed è reale.

Il rischio che l’Appennino si spopoli è molto concreto, e malgrado le tante parole spese per dire che nessuno sarà abbandonato, nessuno appare in grado di garantire che in futuro la vita tornerà a scorrere come prima. Questo d’altra parte non è stato il terremoto di una città importante come L’Aquila, né delle imprese dell’Emilia Romagna da far ripartire: è stato il terremoto dei poveri, degli allevatori e degli agricoltori, dei nonni che abitano in montagna, delle seconde case in cui si va in vacanza per qualche giorno d’estate, con la popolazione che cala naturalmente di anno in anno anche senza movimenti tellurici: un particolare, quest’ultimo, che non lascia presagire una luminosa rinascita di questi borghi, né nel maceratese, né nell’ascolano, né in Umbria, né nel Lazio. Poi, certo, c’è il patrimonio storico, ma in Italia ovunque uno si gira va a sbattere su qualcosa di valore.

A VISSO A CEDERE è stata la facciata del palazzo dei Governatori costruito nel 1100, così come danni sono stati registrati nella chiesa di Sant’Antonio, del XIV secolo, a Camerino il campanile di Santa Maria di Via era stato restaurato appena sette anni fa, eppure è venuto giù anche lui con la botta delle 21.18 di mercoledì. Stesso discorso per tante torri costruite nei secoli, diventate nel giro di pochi secondi un cumulo di calcinacci. La storia che crolla e travolge, andando a seppellire sotto le pietre e la polvere un patrimonio di tradizioni che si sono fatte strada per diverse generazioni e hanno già resistito a diversi altri terremoti.

GLI SFOLLATI, tra il triangolo Amatrice-Accumoli-Arquata colpito il 24 agosto e il maceratese, sono quasi diecimila: per ora gli alberghi della costa stanno facendo di tutto per dare accoglienza a tutti, ma il bisogno delle casette di legno provvisorie comincia ad essere urgente. Quando sarà maggio, la stagione turistica si aprirà e la disponibilità degli hotel si ridurrà sensibilmente. Il commissario Vasco Errani ha promesso che entro Pasqua sarà tutto pronto, ma si conta di farcela già per febbraio. Dopo i 300 milioni del decreto terremoto e gli altri 40 stanziati al volo dal consiglio dei ministri già giovedì mattina, si attende una nuova mossa consistente da parte del governo Renzi, che però ha a sua volta bisogno di tempo per capire come muoversi tra la campagna referendaria e le complicate trattative con la Commissione Europea sui vincoli di bilancio.

LO SCIAME SISMICO intanto prosegue: le repliche si contano ormai a centinaia e tutti sperano soltanto che non arrivi un’altra scossa troppo grossa. A tremare, tuttavia, non è solo il centro Italia: alle 22 di venerdì, infatti, i sismografi hanno registrato un terremoto di magnitudo 5.7 nel Tirreno meridionale, a distanza di sicurezza dalla terra ferma.