La Grecia prova a fissare dei punti fermi, da qui ai prossimi mesi, per quel che riguarda il cammino delle «riforme» imposte dai creditori. Tsipras ha deciso di «staccare» per pochi giorni, ed è andato in vacanza in un piccolo isolotto vicino Corfù. Il suo governo, tuttavia, continua a lavorare a pieno ritmo. Secondo quanto filtra dagli ambienti dell’esecutivo, lo scopo principale, in questa fase, è riuscire a sottoscrivere ed approvare l’accordo finale con il «quartetto» delle istituzioni creditrici, entro il 18 agosto.

Colloqui a tappe forzate, quindi, in modo che venga data immediatamente «luce verde» al finanziamento di 25 miliardi di euro, da parte del Meccanismo Europeo di Stabilità. Le variabili, tuttavia, da cui dipenderà l’esito finale delle trattative con Fmi, Banca Centrale Europea, la Commissione e l’Esm, sono molteplici. Innanzitutto, bisognerà vedere se il governo riuscirà a rimanere, in parlamento, sopra la «soglia psicologica» dei 120 voti (su un totale di 300 deputati), come è successo nelle precedenti due votazioni, in cui sono stati approvati i primi provvedimenti contenuti nel «compromesso di Bruxelles».

I partiti di opposizione (il centrodestra di Nuova Democrazia, i centristi del Fiume e i socialisti del Pasok) hanno ribadito che il loro appoggio al governo si esaurirà con l’approvazione del memorandum di austerità legato alla concessione di finanziamenti per più di 80 miliardi di euro per i prossimi tre anni. Sarà quindi più che mai vitale appurare la posizione che assumerà la minoranza interna di Syriza, la Piattaforma di Sinistra, il cui esponente più in vista – l’ex ministro Panajotis Lafazanis – ha ribadito più volte che eccetto per le misure di austerità, il governo continua a godere dell’appoggio del membri della minoranza. Da degno erede della Troika, inoltre, il quartetto continua a chiedere licenziamenti di massa ed aumenti dell’età pensionabile con valore retroattivo, fissato al primo luglio.

Specie per quel che riguarda la sopravvivenza del diritto del lavoro, l’esecutivo Tsipras cercherà di non cedere alla bulimia neoliberista. La riapertura della Borsa di Atene, poi, ieri ha dato prova del clima di fortissima incertezza e delle infinite turbolenze finanziarie in cui è stata fatta precipitare la Grecia.

Dopo un avvio drammatico, con perdite vicine al 30%, l’indice di via Sofokleous, dove si trova la sede della Borsa, ha fatto registrare un calo del 16%. Con venticinque giorni di stop forzato, lo shock della chiusura delle banche e le drammatiche trattative a Bruxelles, molti operatori economici si aspettavano un calo nella prima giornata di contrattazioni, ma non di queste dimensioni.

Bisognerà vedere come reagirà, d’ora in poi, l’economia reale. In molte isole frequentate principalmente da greci, come Poros, vicino Atene, il calo delle prenotazioni dei turisti greci è stato, sinora, del 40%.

I commercianti di Atene lamentano, a causa della chiusura forzata delle banche, una contrazione del volume complessivo di affari sino al 70%. Il governo farà di tutto per cercare di limitare gli effetti recessivi del nuovo programma di austerity, e far arrivare ad Atene, nel frattempo, i primi finanziamenti europei. Quanto alle elezioni anticipate, sembra ormai quasi impossibile che si possa riuscire ad evitarle, ma il mese in cui si potrebbero tenere non è stato ancora deciso. Una parte degli esponenti del partito vicini al primo ministro si schiera apertamente a favore di settembre: i sondaggi, malgrado i dissidi interni, danno a Syriza un importante vantaggio che potrebbe fargli conquistare anche la maggioranza assoluta dei seggi.

Nello stesso tempo alcuni tra i collaboratori più stretti del leader greco ritengono che sia più importante, prima, uscire dallo stato di emergenza vissuto a luglio, comprendere bene quali sono i veri pro e i contro del nuovo accordo con i creditori, e poi tornare alle urne.

Oltre tutto il resto, infine, va tenuto conto della trattativa sull’«alleggerimento» o taglio del debito. Secondo le previsioni, dovrebbe partire entro ottobre, dopo la prima valutazione dei creditori, sui «progressi» compiuti dalla Grecia. È difficile immaginare che un dibattito di tale portata, si possa svolgere in piena campagna elettorale. Ma non è neanche un capitolo che si riuscirà a chiudere nello spazio di poche settimane.