La ministra per le riforme Maria Elena Boschi è venuta a Perugia venerdì scorso per lanciare la campagna per il sì al referendum costituzionale. Vi sono state varie contestazioni, tenute a debita distanza, da parte della Lega Nord e di Casa Pound. Una ventina di aderenti a Comitato per il no ha distribuito un volantino di critica alle riforme in modo civile e senza minimamente mescolarsi con le contestazioni leghiste e fasciste. Ebbene, la ministra durante il suo intervento ha affermato: «Fa un po’ strano che nel fronte contrario alle riforme costituzionali ci siano anche pezzi della sinistra che incarnano certi valori a difesa della Carta e votano insieme a Casa Pound al referendum». L’affermazione potrebbe commentarsi da sola per la sua vergognosa grossolanità e dà un’idea del tono con il quale i vertici del governo e del Pd intendono condurre la campagna referendaria.

Tutti sanno che in un referendum è inevitabile che il voto a favore o contrario sia trasversale. La ministra dovrebbe saperlo bene, visto che a sostegno del sì si trova in compagnia di Alfano, Formigoni e del plurinquisito e già condannato in primo grado Verdini, con il cui gruppo parlamentare i vertici del suo partito hanno stabilito un patto di consultazione. E finge di dimenticare che le cosiddette riforme sono nate dal patto del Nazareno e dai successivi incontri con Berlusconi e Verdini e che nel voto finale al senato la legge costituzionale ha potuto raggiungere la maggioranza assoluta grazie all’apporto decisivo dei verdiniani, degli ex leghisti e di due senatori di Forza Italia. Evidentemente tutto va bene pur di delegittimare gli oppositori, che, come ha dichiarato recentemente Renzi, «saranno spazzati via» dal referendum, linguaggio che si addice più ai neofascisti di Casa Pound che al leader di un partito che si definisce democratico. Alla ministra smemorata ricordiamo che fra le numerose associazioni che partecipano alla campagna per il no alla controriforma costituzionale c’è anche l’Associazione nazionale partigiani d’Italia, il cui comitato nazionale il 22 gennaio ha qualificato «la Riforma del senato e la legge elettorale, così come approvate dal parlamento, un vulnus al sistema democratico di rappresentanza e ai diritti dei cittadini, in sostanza una riduzione degli spazi di democrazia». La posizione del comitato è stata recepita nelle tesi approvate dal recente congresso nazionale dell’Anpi.
Anche per questo le parole della Boschi risultano per quello che sono: indegne non dico di una persona di sinistra – la ministra non lo è mai stata e non ne fa mistero – ma neppure di un liberal-democratico che abbia un minimo di coerenza e di dignità. Altrettanto grave è che, a quanto riferiscono le cronache, le sue vergognose parole siano state applaudite. Chi si oppone alle controriforme non intende cadere nel tentativo di trasformare il referendum in un plebiscito pro o contro Renzi e il suo governo. Ma a nessuno può essere consentito di offendere, come ha fatto la ministra, milioni di cittadini che in nome della difesa della Costituzione nata dall’antifascismo e dalla Resistenza respingono le pulsioni plebiscitarie per l’uomo solo al comando, che sono quelle da sempre coltivate dai gruppuscoli fascisti. E gli antifascisti che vogliono impedire lo stravolgimento della Costituzione se ne ricorderanno al momento del voto.

L’autore, costituzionalista, è il referente per l’Umbria del Comitato per il no