Se l’istigazione al suicidio è una ipotesi di reato “complicata”, quella di truffa è assai più percorribile. Deve aver pensato questo la sostituto procuratore Alessandra D’Amore, inviando i finanzieri nella filiale di Civitavechia della Bpel. Con in mano un decreto di perquisizione, le fiamme gialle hanno acquisito carte e documenti per fare luce sulla posizione finanziaria di Luigino D’Angelo, il pensionato che si è tolto la vita il 28 novembre scorso dopo aver scoperto che i suoi risparmi, investiti in obbligazioni subordinate, erano finiti in polvere.
La pm e i finanzieri del nucleo speciale di polizia valutaria vogliono anche capire se qualche impiegato della banca abbia raggirato D’Angelo, cliente in teoria con bassa propensione al rischio, “aggiustando” il suo profilo finanziario e inducendolo ad acquistare obbligazioni subordinate, strumento che può avere un alto livello di rischio. Specialmente se il tasso di interesse è abnorme rispetto al costo del denaro. E almeno nella seconda metà del 2013, quando i titoli subordinati emessi dalla Banca Etruria e del Lazio erano remunerati dal 3,5% (giugno) fino al 5% (ottobre), il costo del denaro fissato dalla Bce passò dallo 0,50 allo 0,25%.
Nei prossimi giorni saranno interrogati il direttore e i funzionari della filiale di Civitavecchia, per capire chi dette l’ordine di piazzare quei bond all’anziano correntista, e verificare se lo stesso D’Angelo fosse a conoscenza dei rischi legati alla sottoscrizione delle obbligazioni. Un modus operandi che probabilmente sarà adottato anche dalla procura aretina, alle prese con gli esposti di un migliaio di risparmiatori, raccolti da Adusbef e Federconsumatori, in tutta l’area territoriale dove operava la Bpel: Toscana, Umbria e alto Lazio.
Intanto le due associazioni di consumatori battono il ferro finché è caldo. In un nuovo esposto inviato alle procure di Roma, Firenze, Arezzo, Ancona, Ferrara, Chieti, Pesaro, Macerata e Jesi, si chiede di indagare sulle ragioni che hanno indotto Bankitalia “a svilire le valutazioni, che se effettuate a prezzi di carico, almeno nei bilanci di Banca Marche e Banca Popolare dell’Etruria, invece di apparire un regalo alle banche acquirenti, avrebbero consentito ad azionisti ed obbligazionisti espropriati di ottenere il rimborso integrale dei loro sudati investimenti”. In altre parole vengono contestate anche a palazzo Koch le modalità del “salvataggio” di Banca Marche e Bpel, nelle pieghe del passaggio dalle vecchie alle nuove gestioni. Dal canto suo il Codacons chiede alla magistratura di sospendere il governatore Ignazio Visco, reo di aver difeso a spada tratta i suoi uffici ma di non aver dato informazioni sullo stato di salute delle quattro banche.
Intanto dall’ultima ispezione della stessa Bankitalia alla Bpel prima del commissariamento, emergono rilievi amministrativi pesanti verso il cda. Si va dalle buonuscite milionarie (l’ex dg Luca Bronchi), alle spese degli avvocati per l’ex presidente – indagato penalmente – Giuseppe Fornasari. Inoltre non si erano tagliati gli stipendi d’oro ai vertici, interessati anche dall’opaca operazione immobiliare “Palazzo della Fonte”, e dalla decisione di lasciare cadere l’opa lanciata dalla Banca popolare di Vicenza. Decisione in contrasto con Bankitalia, che aveva chiesto una fusione per togliere Banca Etruria dalle sabbie mobili in cui si era infilata.
In quel cda sedeva come vicepresidente Pier Luigi Boschi, braccio destro del presidente Lorenzo Rosi che ieri si sfogava con il Corriere della Sera: “Avete scritto di tutto, mi trovo imputato di tutto, senza avere…”. Poi si è fermato. Ma non si è fermato certo negli affari: nonostante i suoi guai con la giustizia, i due consiglieri fiorentini Tommaso Grassi (Sinistra) e Francesco Torselli (Fdi) hanno scoperto che per l’ex Teatro Comunale, nella cui pregiatissima area sono previsti palazzi di lusso e una piazza, la Cassa depositi e prestiti ha autorizzato una controllata della Nikila Invest srl, Corso Italia srl, a presentare i progetti al comune. E Rosi di Corso Italia srl è l’amministratore.