Quando si sente dire che il cantautorato in Italia è morto non fateci caso. Chi lo afferma non ha mai ascoltato Dario Brunori, in arte Brunori Sas. Anzi è più vivo che mai, come dimostra il suo ultimo lavoro A casa tutto bene. La generazione dei perenni precari, ha trovato in lui quello che nei settanta poteva essere De Gregori o Guccini. A casa tutto bene dicevamo, una casa da cui è difficile uscire, una protezione anche ideale che ci si costruisce intorno: «Trovo sia un titolo appropriato – spiega il quarantenne artista calabrese – perché racchiude da una parte l’idea che queste canzoni sono nate in casa, scritte da una persona che ama molto starci ma che in questo disco cerca di affrontare le sue paure e di uscirne. Afferma una cosa e al contempo la contraddice».

Le paure vanno affrontate, così racconta Dario in L’uomo nero: «Il brano nasce inizialmente dal voler rappresentare una forma di amarezza per quello che considero il progressivo declino del senso di pietas dell’uomo. Non mi piace partecipare alle chiacchiere da bar sull’attualità, trovo invece sia più importante interrogarsi sul fatto che quello che non ci piace fuori magari è dentro di noi. Nel pezzo parlo del mio stato d’animo e di quanto è importante guardare il mostro in sé».

A testi come lucido spaccato dei nostri tempi, Brunori affianca anche una particolare attenzione alla scelta delle sonorità: « In questo lavoro la cosa che più mi rende felice rispetto agli altri album è l’aspetto musicale. Con il produttore Taketo Gohara abbiamo lavorato duramente sugli arrangiamenti, per creare l’ambientazione giusta affinché le parole arrivassero in un certo modo. Un contrasto voluto fra un sound internazionale e una scrittura decisamente italiana». Uno stile che emerge prepotente in canzoni come Lamezia- Milano e la Vita liquida: «Abbiamo utilizzato computer e campionatori non solo per registrare, ma per cercare e creare nuovi tessuti sonori. Ho mantenuto la mia cifra anni settanta, mettendoci dentro anche delle cose contemporanee che mi piacciono particolarmente».

Di paure, passioni struggenti e attualità si canta in questo disco. E di figure storiche rappresentative, come nel brano Diego e Io: «Frida Khalo è diventato un personaggio che va di moda e per non cadere nello scontato mi sono affidato ad Antonio Di Martino, autore di un libro su Chavela Vargas. È andato in Messico, ha conosciuto i posti. Volevo scrivere di questa storia che mi ha sempre appassionato». Si parla anche d’amore nelle nuove composizioni, con diverse sfumature: «L’amore inteso come relazione di coppia è argomento trattato in manieradefilata. Quando c’è è sempre funzionale a un racconto incentrato sulle paure. Come diceva John Lennon ’paura e amore sono i due motori dell’esistenza umana’».

Disagio che il cantautore nato a Cosenza non affronta restando seduto sul divano di casa, ma attraverso gli incontri e soprattutto i viaggi: «Viaggiare è fondamentale, perché mi ha dato la possibilità di parlare con altre persone. Il disco è come un dialogo a due voci, tra la parte di me che stava a casa a elaborare storie e un’altra che esce fuori a cercare il confronto». Luoghi come l’università sono funzionali nel lavoro di costruzione e decostruzione, tipico dell’universo poetico di Brunori sas: «Sono molto felice di questi incontri. Negli atenei ci si può confrontare, ci si può mettere in discussione. Non è solo un modo per presentare le mie canzoni, ma è fattore di crescita: poter parlare delle storie che scrivo con persone che vivono sulla loro pelle quelle situazioni, ti può aiutare ad avere un punto di vista diverso».

Il mare è un altro elemento presente nella scrittura di Brunori: «Un legame anche inconsapevole, più che una passione. Nel corso del tempo ho cominciato ad avere paura di nuotare al largo. Una paura che non avevo da bambino, che mi affascina e spaventa. Ma è una cosa con cui devo fare i conti e credo che in un disco dove affronto paure e insicurezze avesse un senso scriverne».