Questo Paese ha bisogno di tutto tranne che di continuare la campagna elettorale permanente. Per questo spero che le prossime elezioni possano svolgersi alla scadenza naturale del 2018 e che il 2017 sia un anno di decantazione, di ricerca, di ristrutturazione delle forze politiche. Un anno di transizione dedicato a riannodare i fili spezzati nel campo progressista e tra la sinistra e il suo popolo. Un anno nel quale tutti si mettano in discussione facendo le scelte coraggiose che la situazione impone. Per la sinistra ne vedo intanto tre.

PROGRAMMA La spinta propulsiva della globalizzazione si sta esaurendo. Toccato l’apice del processo di circolazione di merci e denaro, i paesi sviluppati non riescono a gestire i processi migratori e la distruzione di lavoro. Queste contraddizioni non rafforzano la sinistra perché, avendo essa subito la fascinazione del neoliberismo, i ceti indeboliti la identificano con i responsabili e guardano ai populismi. Per combattere questa deriva la sinistra deve rigenerarsi profondamente: non più una sinistra che agisce per distribuire meglio la crescita (che, se ci sarà, sarà modesta), ma una sinistra che agisce per distribuire reddito e ricchezze esistenti attraverso la progressività dell’imposizione fiscale (concetto non solo diverso, ma opposto all’esenzione della prima casa dei ricchi) e promuovendo investimenti pubblici per creare lavoro e reddito, compreso quello di cittadinanza. Passare dal crescere per distribuire al ridistribuire per crescere più equamente e diversamente, significa progettare un modello economico, sociale, culturale inedito, significa proiettare i valori della Costituzione per attuarli veramente nella società contemporanea e orientare a questo fine le scarse risorse invece di disperderle in mille rivoli elettorali. Questa è la modernità, questo il compito difficile, ma affascinante che ci sta davanti.

GOVERNARE. Per rendere possibile e credibile questo progetto occorre candidarsi senza ambiguità a essere forza di governo per perseguirne e realizzarne gli obiettivi. È quanto si sta cercando di fare nei Paesi in cui stanno nascendo le sinistre del Ventunesimo secolo. Se in passato anche stando all’opposizione si potevano ottenere risultati, oggi per i meccanismi che governano l’uso delle risorse disponibili (politiche sovranazionali e di austerità) la postazione di governo appare indispensabile per dare risposte ai problemi e sbocchi ai movimenti. Candidarsi a realizzare cambiamenti così radicali è un’operazione culturale oltreché politica: significa costruire un radicamento sociale e una nuova classe politica forgiata sui problemi e sulla ricerca delle soluzioni.

ALLEANZE. Questa opzione ne richiama un’altra: la ricerca e la costruzione delle alleanze. Tema non a caso posto per ultimo, contrariamente a quanto avviene nel dibattito, che tende a fare dell’alleanza col Pd il punto di partenza discriminante. No. Se è necessario governare è chiaro che è necessario anche allearsi. Ma se si deve governare per cambiare, per lo stesso motivo ci si deve alleare sui programmi. E sui programmi ci si allea con chi li condivide. Diversamente gli alleati si trasformano in portatori d’acqua usa e getta e questo significa degrado della politica e altra linfa al populismo.

Con questa chiarezza e determinazione la sinistra dovrebbe dare il suo contributo alla ristrutturazione delle forze politiche. Ma questo richiede, appunto, un anno di transizione e costruzione e non di campagna elettorale.

IL PD invece sembra volere questo. Il castello renziano sta franando e tra due mesi di tutte le riforme varate, tra bocciate dal popolo, bocciate delle istituzioni, corrette dai nuovi ministri, ritirate prima di applicarle ecc..,.. nemmeno una sarà rimasta come era. Un fallimento così clamoroso imporrebbe un congresso straordinario, una svolta politica e, penso, una nuova guida. Questo spetta al corpo del Pd e speriamo che ciascuno a casa sua abbia la coerenza e il coraggio che la situazione impone.

PER LA SINISTRA alcune scelte coraggiose sono state indicate e le occasioni non mancheranno a cominciare dal Congresso di Sinistra Italiana. La speranza è che i tanti soggetti in campo possano essere come le stanze di un grande laboratorio open space di ricerca e di pratica sociale capace di mobilitare le energie a cominciare da quelle fresche che si sono espresse al referendum per progettare insieme il futuro.
Quindi Buon anno difficile, Sinistra.