Che fantastico tipo era Fred Buscaglione. Cantava di night, di whisky e sigarette, ma amava i tavoli delle osterie di Torino, le acciughe al verde e il sapore di un bicchiere di rosso. Metteva in musica i versi surreali di Leo Chiosso, dove la gelosa Teresa impugnava il fucile, la pupa piccola così prosciugava al fidanzato i soldi vinti a tresette, i duri proiettavano lunghe ombre sui muri, gli appuntamenti si davano nel cielo dei bar. Passava con sorniona disinvoltura dai ritmi del jazz e del dixie a morbidi slow, dal tango a sonorità musicali in stile Platters. Se ne fregava del Rock & Roll, Fred. L’America che voleva scoprire era quella della «gomma che si mastica a ritmo di jazz band».

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Giocava a fare il nottambulo, il rubacuori un po’casereccio, il cinico pronto alla rissa. Ma le sue canzoni erano intrise della spensieratezza, della voglia di sognare, della libertà, che la guerra aveva cancellato lasciando, negli anni a seguire, ancora troppi conti in sospeso con la vita. Divenne un mito, ulteriormente alimentato dallo schianto mortale della sua Ford Thunderbird rosa, il 3 febbraio del 1960, a Roma, dopo essersi esibito in un locale di via Margutta. Gli mancava una primavera per arrivare a quaranta. I giovani dei Sixties non lo misero da parte, pur se in pista, adesso, si ballava il twist e pochi anni dopo sarebbero arrivati Beatles e Rolling Stones.

I bar degli stabilimenti balneari e dei lungomare continuarono per lungo tempo a tenere nel repertorio del juxe box (la macchina dei dischi, come genialmente la chiamarono Chiosso e Buscaglione in un brano), Buonasera signorina, Love in Portofino, Guarda che luna, in versione originale, o rivisitati da artisti come Johnny Dorelli e Il quartetto Cetra. Rivisitazione è termine che calza come un guanto alla compilation Sotto il cielo di Fred, appena pubblicata (distribuzione Audioglobe), su iniziativa dell’Associazione Culturale F.e.a. e di Libellula Press.

Duplice l’intento: mantenere viva più che mai la memoria del cantante, reperire fondi per il Premio Buscaglione, che nel febbraio 2016 arriverà al suo quarto anno. Il vincitore verrà eletto dal pubblico, ascoltando sul sito i brani di solisti e gruppi indipendenti. La compilation, fedele alla linea indie, ha chiamato dodici musicisti italiani chiedendo loro di scegliere un brano di Fred e di darne una personale versione.

Il risultato suona positivo, sospeso tra omaggi fedeli, rispettose varianti, decisi cambi sullo spartito madre. Brunori SAS mormora con sapiente raucedine tabagista Nel cielo dei bars, convincono le licenze musicali di Dente in Guarda che luna, Paolo Benvegnù spiazza riecheggiando il prog e le atmosfere dei Goblin nei quattro minuti di Love in Portofino. Forieri di ironia sono i tre bolognesi de Lo stato Sociale quando affrontano Teresa non sparare, mentre sprizzano spensieratezza dixie gli Eugenio in Via di Gioia snocciolando Buonasera signorina.

Romantica decadenza e disincanto, verità o strategia di conquista non si sa, sono fonti cui hanno attinto i Perturbazione di Sigaretta e The Sweet Life Society di Juxe Box. Inni al playboy e al Nuovo Mondo, il tango di Porfirio Villarosa e lo swing di Voglio scoprir l’America vitalizzano la loro vena burlesca grazie a Etruschi from Lakota e all’ottima cover dei Venus in furs. La traccia numero quattro, firmata Bugo, inonda di ruvide chitarre elettriche Eri piccola così. Corsi e ricorsi: il popolo dei musicisti indipendenti ama i tavoli delle ultime osterie, le acciughe al verde e un bicchiere di rosso. Fred non c’è più, ma è come se fosse ancora lì.