Nel 2020 l’Italia dovrà avere il 17% dei propri consumi elettrici da fonte rinnovabile, come prevede il Protocollo di Kyoto. Per questo da anni stiamo finanziando lo sviluppo dell’energia “pulita”, e i nostri incentivi per le pale eoliche sono i più alti d’Europa. Terna, la società semipubblica responsabile della trasmissione di energia sulla rete, ha ricevuto un numero impressionante di richieste di allacciamento per nuovi impianti. Ci sono 170 mila Mw pronti a essere autorizzati sebbene in Italia il picco di potenza richiesta sia meno della metà. Nel fotovoltaico siamo al secondo posto al mondo dopo i tedeschi. E nell’eolico i quinti produttori. Pur avendo un territorio limitato e ricoperto da vincoli.

Dettagli. Perché la green economy è anzitutto un business. Ci guadagnano le multinazionali, le piccole società di sviluppatori. Ci guadagna la ‘ndrangheta. La Calabria è la regione che più di ogni altra ha aumentato la sua potenza eolica. Ma le ‘ndrine sono col vento in poppa anche fuori dalla regione. La recente inchiesta della Dda di Perugia sulla ‘ndrangheta umbra ha svelato le mire dei Farao-Marincola di Cirò sulla green economy in Appennino centrale.

I numeri non sono neutri. In Calabria il vento tira eccome. Ma tira soprattutto un’irrefrenabile voglia di far cassa con l’eolico. Dal 2006 al 2012 la Regione ha autorizzato ben 56 impianti di energia del vento. Le aree sono circoscritte: lo Jonio crotonese e il Basso catanzarese. Aree ventose dove la tramontana vola anche sopra i 50 nodi. Ma anche zone a forte densità mafiosa.

Le signorie di ‘ndrangheta si chiamano Arena, Farao, Grande-Aracri, Vallelunga-Sia, Giampà, Mancuso. I clan hanno capito che le energie rinnovabili sono la nuova frontiera dell’economia legale e illegale. Solo nel crotonese ci sono ben 800 torri da piantare e 2400 pale da montare. E ancora 250 domande (per oltre 30 mila Mw di potenza) che attendono il nulla osta.

Molti impianti sono stati nel tempo confiscati dalla magistratura, ma ben presto dissequestrati. A dispetto di così tante strutture, il fabbisogno energetico non è di certo migliorato. Paradossi. In compenso è stato deturpato l’ambiente e sfregiate le bellezze paesaggistiche. L’aria viene trivellata bellamente dalle pale. Per gonfiare le tasche dei palazzinari del vento.
Che molte volte assumono le vesti di ‘ndrine e potere criminale.

«Il mare e la montagna, gli abissi e le vette possono sembrare ambienti lontani ma in Calabria vi è un massiccio, il Reventino, che li avvicina come pochi. Anzi dai suoi boschi si può addirittura godere la vista di due mari. Il Reventino si affaccia con il suo profilo ondulato sulla parte più stretta della Penisola, l’istmo di Marcellinara, tra i mari Jonio e Tirreno di appena 30 km». Così scrive Francesco Bevilacqua ne Il Parco Nazionale della Sila, guida naturalistica e escursionistica, edito da Rubbettino. Con ogni probabilità insieme ai faggeti, agli alberi di alto fusto, al piano collinare con i suoi poderi coltivati intervallati da alberature da frutto e ornamentali, tra pochi anni svetteranno anche decine di pale eoliche. Proprio così. A queste latitudini non esistono vincoli. Le pale possono girare ovunque. Anche in un parco nazionale.

L’atto è datato 12 novembre e porta la firma della regione Calabria ad appena due settimane dalle elezioni. Un colpo di coda, insomma, dei burattinai dell’eolico. Viene indetta un’apposita Conferenza dei servizi, durante la quale sarà vagliata l’istanza per il rilascio dell’autorizzazione unica alla società Creta Energie Speciali srl, con sede legale ad Arcavacata di Rende, e di cui Daniele Menniti, già sindaco di Falerna, è presidente del consiglio d’amministrazione dello spin-off accademico dell’Università della Calabria. L’impianto, denominato Trifoglio, sarà situato nei comuni di Conflenti, Lamezia, Motta Santa Lucia, Decollatura e Platania. Avrà una potenza nominale di 20,7 Mw. Se dovesse essere realizzato si aggiungerebbe ai parchi eolici già autorizzati, che già riguardano il massiccio del Reventino-Mancuso, e nello specifico, i comuni di Tiriolo, Serrastretta, Pianopoli, Marcellinara e Amato.

«Tra quelli già autorizzati e quello da autorizzare – commenta Francesco Bevilacqua – tutto il massiccio diverrebbe sede del più grande parco eolico in Europa soprattutto se accomunato a quello che già esiste e che verrà ulteriormente incrementato, situato sul versante sud dell’istmo di Marcellinara. Siamo di fronte – aggiunge – a una concentrazione di centinaia di pale nello stesso ambito territoriale e paesaggistico. Una cosa mai vista nel continente«.

Le associazioni e gli ambientalisti sono già in mobilitazione. Il comitato per il no al parco eolico del Reventino (Arci, Wwf, Italia nostra, Agesci, Legambiente, Fai, reti di resistenza territoriale) è sul piede di guerra. «Non possiamo, ora, accettare che gli sforzi compiuti negli anni Sessanta per portare a compimento il rimboschimento della zona, facendo diventare il Reventino un importante polmone verde per il territorio, vengano vanificati da una speculazione camuffata da “progresso tecnologico”. Ripensare a luoghi come la Pietra di Fota, Capo Bove, i massi del Reventino, infestati e deturpati da una selva di pale eoliche, ci ferisce, e non per un fatto sentimentale. Ma perché ben conosciamo il valore dell’unicità ambientale di questo territorio, della sua vegetazione e della fauna presente».