Da ieri è in vigore il Jobs Act, con il suo contratto a tutele crescenti: ma se per alcuni potrebbe essere la chiave per nuove assunzioni, per tanti altri è quasi certo che arriverà il licenziamento. L’allarme è scattato in tutti quei settori dove si opera per appalti: le aziende al cambio commessa metteranno in esubero i vecchi dipendenti, e potranno assurmerne di nuovi, molto meno costosi, grazie agli incentivi messi a disposizione dal governo con la legge di stabilità. I call center sono più che esposti: secondo la Cgil sono 7 mila i lavoratori ad altissimo rischio di sostituzione nei prossimi mesi, e per il momento purtroppo non si vede nessuna via d’uscita.

Il conto è presto fatto: nella sola Almaviva rischia di saltare quasi la metà delle attuali 9 mila postazioni. Nel maggior gruppo italiano, che meritoriamente si è impegnato a non spostare lavoro all’estero, i costi dei dipendenti infatti si sono rivelati troppo alti rispetto ai ribassi possibili grazie a Jobs Act/legge di stabilità e alle delocalizzazioni. «Al momento c’è una solidarietà al 20%, pari a circa 1800 esuberi – spiega Michele Azzola, segretario nazionale Scl Cgil – Se aggiungiamo i 1500 legati alla commessa Wind, finora di incerta assegnazione, i 270 dello 060606 del Comune di Roma e i circa 200 del Comune di Milano, arriviamo a circa 4 mila lavoratori in bilico». #iosonoalmaviva la campagna sui social.

Altri 3 mila operatori ugualmente a rischio si distribuiscono tra la Calabria (1590 cuffiette Infocontact), Palermo (400 di 4U), Livorno (500 di People Care) e Milano (500 di E-Care). Ciascuna commessa fa storia a sé, ma come vedremo ad esempio nel caso di Almaviva, si tratta sempre di lavoratori dipendenti già da diversi anni che verranno molto probabilmente messi in mobilità e sostituiti da personale assunto all’estero o, se in Italia, grazie al contratto a tutele crescenti.

I 270 operatori dello 060606 del Comune di Roma sono da 6 anni addetti alla commessa, gestita fino al 30 marzo prossimo da Almaviva, hanno fatto appello fino all’ultimo all’amministrazione e al sindaco Ignazio Marino, ma finora senza ottenere risposte: «Ci avevano detto che nel bando avrebbero inserito una clausola sociale, che imponesse al vincitore della gara di assumerci – spiega Massimiliano Montesi, Rsu Scl Cgil – Ma non è stato fatto. Adesso la commessa è stata assegnata a un consorzio tra gruppo Abramo e Telecom, che se l’è aggiudicata grazie a un ribasso di ben il 33% rispetto al prezzo di partenza. Ma Abramo opera già in Albania per il 119 Telecom, e se pure scegliesse di prendere alcuni in Italia con gli attuali incentivi, riuscirebbe ad avere nuovi dipendenti che costano il 30-40% in meno rispetto a noi». Per sensibilizzare il Comune, i lavoratori dello 060606 sciopereranno e manifesteranno martedì sotto il Campidoglio, proprio nel giorno in cui l’amministrazione incontrerà Abramo.

Ugualmente tentata dal “rimpiazzo” sarebbe la Wind, che grazie a incentivi e delocalizzazioni assicurati da nuove aziende, potrebbe risparmiare parecchio rispetto agli attuali 1500 operatori distribuiti tra i call center Almaviva di Palermo, Catania e Milano. E se pure Almaviva architettasse sistemi di risparmio per potersi tenere la commessa (ad esempio scegliendo di cominciare a delocalizzare massicciamente, pur di restare competitiva), per i 1500 si profilerebbe comunque un futuro di mobilità.

«Con il Jobs Act magari si moltiplicheranno le assunzioni, grazie agli incentivi, e il premier Renzi e il ministro Poletti potranno vantarsene – riprende Azzola, della Slc Cgil – ma noi chiediamo al governo che fine faranno gli attuali dipendenti, ritenuti ormai non più “competitivi”. E non parliamo di studenti venticinquenni al primo impiego: sono operatori quarantenni con famiglia, figli e mutui a carico».

Nessuna risposta dal sindaco Marino, né da Giuliano Pisapia, per i call center dei due comuni. Mentre la ministra dello Sviluppo Federica Guidi ha cercato di rassicurare affermando che «esiste un tavolo tecnico sul settore» e che «si sta applicando la legge sul 2012 per la privacy e contro le delocalizzazioni». «Tutto falso: quel tavolo non si è mai riunito e quella legge è disapplicata – replica amaro Azzola – Ma così è fatta l’Italia: basta dire una cosa in tv e automaticamente appare vera».