I «normanni» (ieri è toccato ai ministri degli Esteri di Francia, Germania, Russia e Ucraina) si sono incontrati a Parigi, per ribadirsi la necessità di rispettare gli accordi di Minsk. E dopo la presa di Debaltseve, i ruoli sembrano essere cambiati. Il presidente russo Vladimir Putin parla da «uomo di pace» alla tv russa, definendo una guerra con l’Ucraina come «improbabile».

I ribelli filorussi, sostenuti da Mosca a Minsk e non solo, hanno cominciato a ritirare la propria artiglieria pesante. Il segnale di Putin del resto è stato chiaro: va bene così. Secondo Kiev, i filorussi starebbe ancora pensando ad attacchi su Mariupol, per unire territorialmente il Donbass alla Crimea, ma sembra un’ipotesi che potrebbe essere figlia di iniziative personali, anziché essere concordata con Mosca. Ma dall’altra parte della barricata, ieri sono venute fuori indicazioni non proprio pacifiche.

Con la scusa di «possibili attacchi» da parte dei ribelli, Kiev ha fatto presente di non avere intenzione di ritirare l’artiglieria pesante della linea del fronte (come stabilito dagli accordi di Minsk).

Non solo perché ieri dalla Gran Bretagna, il premier Cameron ha fatto sapere che a breve verranno inviati degli istruttori militari per Kiev. Non proprio un segno di pace. Come non lo è stata la presenza di Poroshenko, il presidente ucraino, alla fiera delle armi ad Abu Dhabi, dove pare abbia concluso diversi affari, sia come venditore, sia come acquirente. Il fronte pro Kiev, quindi, non sembra propriamente sul piede di pace.

La novità di giornata è arrivata sicuramente dalla Gran Bretagna, dove il premier Cameron ha tentato di lanciare un segnale molto chiaro: consulenti militari per Kiev, minaccia di chiedere l’uscita della Russia dal sistema bancario internazionale Swift. Infine un avvertimento: il «no» alle armi direttamente a Kiev sarebbe una decisione che potrebbe «non durare per sempre».

Si tratta di parole che stridono con quanto detto nei giorni scorsi dal presidente russo Putin. Il presidente russo Vladimir Putin considera «decisamente improbabile» quello che considera come lo «scenario apocalittico» di una guerra fra la Russia e l’Ucraina e dice di «auspicare che non si arrivi mai» a una tale situazione. In una intervista al polo televisivo pubblico Vgtrk, Putin ha definito come «revanchiste» le parole pronunciate dal presidente ucraino Petro Poroshenko, secondo cui l’Ucraina riprenderà il controllo della Crimea, solo «temporaneamente occupata».

«La leadership di un grande paese europeo come l’Ucraina deve prima di tutto riportare il paese alla vita normale, risolvere i problemi economici, sociali, le sue relazioni con le regioni del sud est, e farlo in modo civile, e assicurare i diritti e gli interessi di chi vive nel Donbass», ha affermato Putin, nella sua prima intervista dopo il nuovo accordo raggiunto a Minsk dieci giorni fa, dicendosi «certo che l’intesa sarà attuata».

«Nessuno ha bisogno di un conflitto alla periferia dell’Europa, in modo particolare di un conflitto armato», ha aggiunto il presidente russo secondo cui con il presidente francese e la cancelliera tedesca «c’è comprensione reciproca e, in generale, anche fiducia», pur ancora con alcuni elementi di diffidenza.

La responsabile per la politica estera dell’Unione europea, Federica Mogherini, ha precisato che Putin «sbaglia quando dice che è improbabile lo scoppio di un conflitto, perché il conflitto già è in corso». In una intervista alla Bbc, Mogherini ha aggiunto che la sola cosa che può funzionare per riportare la pace «è un insieme di pressioni diplomatiche ed economiche», a cui va aggiunto il sostegno alle riforme in Ucraina.

E a questo punto c’è da chiedersi a cosa serviranno i soldi di Fmi e Unione europea, se è vero che Poroshenko ha appena chiuso una ventina di contratti per la consegna di armi difensive da parte di aziende europee, americane e del Medio Oriente.