«Fin dal primo album A camorra song io ho continuato a chiedermi come mai i musicisti napoletani non hanno quasi mai preso una posizione netta contro i clan, come mai non sia mai stato un tema centrale nella sterminata produzione musicale della città». Questo interrogativo scorre lungo Camorra sound (Magenes, 189 pag, 12 euro) di Daniele Sanzone, voce della band ‘A67.
>In principio era la sceneggiata. Siamo nel 1919, lo stato impone forti tasse sugli spettacoli di varietà e allora le compagnie mettono in scena le canzoni di successo: nascono storie che intrecciano comicità, dramma, passione e canto intorno all’eterna lotta tra «isso, essa e ‘o malamente». Il guappo buono deve uccidere il camorrista cattivo. «O rre» della sceneggiata è Mario Merola, un’icona che traghetta il genere nei film di mala anni ’70: inseguimenti, tradimenti, una mano sul cuore e il pubblico che piange cantando «e nce ne costa lacreme st’America». Sono gli anni del contrabbando di sigarette che dà da mangiare a un’intera città. Ma alle porte del nuovo decennio la droga soppianta le sigarette, la camorra si fa più violenta, la sceneggiata muta registro con Pino Mauro: i testi cantano di vendette, omertà, cuori spaccati.
Mentre al Teatro Ausonia il pubblico tira le scarpe al malamente, si impone il Neapolitan power: Roberto De Simone e la Nuova Compagnia di Canto Popolare, Edoardo Bennato, Napoli centrale, Pino Daniele, E’ Zezi, Nacchere rosse contaminano musica popolare, folk e rock mentre il dj Raffale Cascone conduce su Radio Rai Per voi giovani. Spiega Bennato: «La lotta e la tensione sociale erano per strada […]Fino agli anni Ottanta la camorra era come invisibile ed è fin troppo chiaro che senza l’assenso-consenso dello Stato queste organizzazioni criminali non sarebbero diventate così potenti». Nel 1980 il terremoto fa fare un nuovo salto di qualità ai clan in accordo con i partiti. É il secondo sacco della città dopo la ricostruzione post secondo conflitto mondiale. Arriva una nuova generazione di musicisti, la Vesuwave: Avion Travel, Lounge Lizards, Panoramics, Walhalla, Zooming on the zoo sono sulla scia di una scena internazionale lontana dall’impegno anni ’70.
I Bisca, Enzo Avitabile e Daniele Sepe si tengono lontani dal riflusso. Nel vicolo da Carmelo Zappulla si passa al caschetto biondo di Nino D’Angelo, padre nobile dei neomelodici, anche lui come Merola capace di traghettare il genere al cinema. Dopo D’Angelo il fenomeno si dilata: l’industria discografica, sparita da Napoli, ha una nuova fioritura all’ombra dei neomelodici a partire dalla Zeus records. I video impazzano sulle tv private e poi su internet.
Cantanti da matrimonio o miti idolatrati dai fan, come Alessio, il genere prende la melodia tradizionale e la immerge nell’edonismo anni ’90 oppure guarda in viso la cronaca a colpi di faida. Gli stessi camorristi, come Lovigino Giuliano, scrivono canzoni, altri si nascondono dietro pseudonimi. Nascono brani come ‘O killer, Nu latitante, ‘O capoclan. Parallelamente sulla scena irrompono gli Almamegretta, i 99Posse, i 24Grana. Raiz ci invita a riflettere su chi è «o bbuono» e chi è «o malamente», mentre Zulù canta una Napolì molto diversa dalla Napule è di Pino Daniele.
Il vicolo si autorappresenta, i movimenti hanno i loro interpreti, le periferie trovano finalmente una voce autonoma. Scampia, Marianella, Piscinola, Secondigliano sono l’epicentro della scena hip hop partenopea. La camorra è diventata «o sistema». Co’ Sang, Lucariello, ‘A67, Fuossera, Kosanost fanno cronaca del ghetto che si fa centro di un pensiero autonomo. Alla domanda iniziale però non c’è una risposta definitiva. «Lo stato non può essere assolto ma non possiamo essere ambigui verso fenomeni che producono morti e distruzione, neppure in buona fede».