I mucchi di neve ai lati della strada ricordano che l’inverno è ancora qui e non molla la presa. Amatrice sopravvive tra le macerie e una sensazione d’incertezza che si avverte in ogni luogo, in ogni sguardo, in ogni discorso. In ogni decisione: ieri, intorno all’ora di pranzo, è andato in scena il sorteggio per l’assegnazione delle prime casette per gli sfollati. «È il metodo più equo», dicono tutti con una punta di disillusione. A cinque mesi dall’inizio della crisi sismica nessuno è stato in grado di mettere in piedi una graduatoria con criteri ragionati. Ma non si vuole scontentare nessuno, e allora meglio lasciar fare al caso che stabilire un ordine.

Le richieste arrivate per le venticinque piccole costruzioni sono state trentuno: alla fine, da un’urna di cartone, sono stati estratti i nomi delle famiglie che potranno occupare i 19 alloggi da 40 metri quadri, i 5 da 60 e l’unico da ottanta metri.

Le casette occuperanno un’area detta «Amatrice Zero», nome che contribuisce in maniera forse determinante a fare del racconto di questo paese una storia quasi di fantascienza, un dopoguerra forzato. L’occupazione comincerà soltanto a fine mese, prima si aspetta che il gelo passi e la situazione torni alla normalità. Cioè a quel simulacro di normalità al quale gli abitanti di Amatrice stanno cominciando ad abituarsi: nei mesi la rabbia iniziale è diventata delusione, poi disillusione, adesso è pura e semplice rassegnazione. Tutti qui appaiono in balia degli eventi: il terremoto, il gelo, la scelta di non scegliere da parte di politici e amministratori.

Le giornate passano con la terra che continua a tremare – le repliche del terremoto si contano nell’ordine delle migliaia – e si resta qui soltanto per non scomparire. Il grande timore, quasi indicibile, è proprio questo: non rinascere mai. Un po’ perché la ricostruzione mostra pesanti lacune e un po’ perché la situazione non migliora nemmeno da sola: le scosse di martedì hanno buttato giù l’ultimo campanile della zona rossa, la neve ha reso tutto ancora più difficile. Il paesaggio è orizzontale, le macerie non si vedono, sepolte sotto un cumulo di bianco, non più soffice ma solido come la pietra, ghiacciato.

 

21desk2 sindaco

«Che dobbiamo fare?», si sente rispondere il cronista quando chiede a un signore di una certa età se ritiene davvero equa l’assegnazione delle casette tramite sorteggio. Già, che devono fare? Amatrice è un paese fantasma abitato da una comunità di irriducibili guidati dal carisma un po’ caciarone, talvolta sconclusionato, del sindaco Sergio Pirozzi. L’uomo del «boia chi molla», che alza la voce e si dimena perché il suo paese e la sua gente non cada nel dimenticatoio.

«Con questo sorteggio – ha detto presentando l’estrazione nel centro operativo della Protezione Civile – cerchiamo di dare certezza alle famiglie: potranno rientrare a casa. Diamo un po’ la scossa per far finire il prima possibile le opere di urbanizzazione, cioè i marciapiedi e le cose del genere». L’elogio, poi, è riservato «al Genio, che sta facendo un grande lavoro e ora ha il compito di accelerare per dare uno spazio giusto e vivibile alla mia comunità». E ancora: «Abbiamo voluto farla oggi questa assegnazione perché, malgrado il maltempo, vogliamo dimostrare che non ci fermiamo e che non perdiamo la speranza». La buona volontà, almeno quella, c’è. Pirozzi, poi, ammette che, in effetti, con le operazioni post sisma «siamo in ritardo», anche perché «se i Comuni avessero potuto decidere, oggi metà delle macerie non ci sarebbero state più».

È il cortocircuito burocratico il vero ostacolo, ormai è chiaro: nella complicatissima gestione del dopo terremoto ci sono troppe istituzioni che parlano e danno disposizioni spesso in contraddizioni tra di loro: le Regioni, il commissario Vasco Errani, le province, la Protezione Civile, i sindaci. L’esempio è quello dei campi dove saranno istallate le casette: se si chiede alle Regioni a che punto siamo, la risposta è che devono essere i Comuni a scegliere le aree. I Comuni, a loro volta, lamentano un deficit di autonomia decisionale. Errani, a sua volta, ribadisce che Regioni e Comuni devono mettersi d’accordo.

Difficile capirci qualcosa, ma i dati sono sconfortanti: ad Amatrice c’è un solo campo pronto, ad Arquata del Tronto nessuno, di Accumoli ormai non si hanno più notizie, anche perché l’intero paese vive negli alberghi di San Benedetto del Tronto.

L’unica cosa che tutti sottolineano come una certezza è che ad aprile tutte le casette saranno consegnate, almeno per quello che riguarda i paesi demoliti dal terremoto di agosto, per quelli di ottobre invece ci sarà da aspettare. Quanto? Non si sa, ma ormai le previsioni tendono ad avvicinarsi all’estate.