Nuovo attacco di Susanna Camusso al governo, dopo quello di venerdì scorso: «Ogni giorno viene annunciata una riforma epocale – ha detto ieri – Ci sono dossier aperti su ogni aspetto, ma non c’è alcuna iniziativa che parli di lavoro».

La segretaria Cgil ha parlato nel corso di una iniziativa sulla riforma della pubblica amministrazione, che si teneva a Torino. Ed è stata tagliente anche su questo tema: «Bisogna fare una scelta sulle politiche del lavoro – ha spiegato – e bisogna smetterla di togliere lavoro. La riforma della pubblica amministrazione cancella le camere di commercio e questo vuol dire cancellare migliaia di posti. Non c’è l’idea di rendere più efficaci i servizi per i cittadini ma di spostare al centro, magari presso la presidenza del consiglio, una serie di poteri mentre si allungano le fila della disoccupazione».

Quindi resta una critica forte della Cgil su un doppio binario rispetto all’esecutivo guidato da Matteo Renzi, e alla stessa linea strategica scelta dal Pd e dal suo segretario: non solo non c’è attenzione ai temi del lavoro, della crisi e della disoccupazione, ma tutti gli sforzi della politica si stanno concentrando sulle riforme elettorali e costituzionali, peraltro di per sé squilibrate e a rischio per i loro stessi contenuti. Qualche mese fa, nel corso del congresso della Cgil a Rimini, Camusso aveva parlato di «torsione democratica», riferendosi all’«autosufficienza» del governo Renzi non solo rispetto alle parti sociali (e alla negata concertazione) ma anche riguardo a chi, come i cosiddetti “professoroni” (Rodotà e altri), esprimeva giudizi critici sulle riforme.

Tra Renzi, il nuovo Pd “renziano” e la Cgil non c’è mai stata grossa sintonia, ma poi venerdì scorso la segretaria è uscita con un lungo comunicato di critica al premier, sostenendo che finora ha sostanzialmente solo parlato dei problemi del lavoro (magari portando «giornalisti e tv davanti alle fabbriche», «in visite pastorali»), senza però aver mai agito concretamente. Mentre i posti di lavoro, le stesse aziende, si smaterializzano, chiudono o vanno all’estero: lasciando una scia di cassa integrazione (quando va bene), licenziamenti, disoccupazione e disperazione.

Ieri dunque Camusso ha scelto di premere ancora una volta sull’acceleratore dello scontro frontale, e al governo Renzi – proprio nelle stesse ore in cui la Flc Cgil, teneva una conferenza stampa, ipotizzando uno sciopero autunnale – ha riservato anche critiche sull’annunciata riforma della scuola: «Bisogna smetterla di pasticciare sulla scuola, ripristinare i finanziamenti tagliati in questi anni. Senza soldi non ce la facciamo», ha detto la sindacalista.

E poi ha aggiunto: «Il Paese è in difficoltà perché ha fatto poca ricerca, ha speso poco per l’innovazione e non è competitivo con il resto del mondo. Siamo gli unici in Europa che durante la crisi hanno tagliato l’istruzione. L’istruzione rappresenta le radici di un Paese. A tutti quelli che annunciano riforme e fanno minacce dobbiamo dire che bisogna ripristinare la scuola dell’obbligo, bisogna allungare l’obbligo fino a 18 anni, bisogna riconoscere che gli insegnanti sono una risorsa straordinaria, hanno tenuto il sistema mentre veniva tagliato e svillaneggiato, e quindi meritano risposte straordinarie».

Infine, Camusso ha dedicato un’ultima battuta a Giorgio Squinzi, il presidente di Confindustria, che negli ultimi giorni aveva attribuito alle riforme annunciate dal governo, possibili effetti positivi sul Pil: «Prima di attribuire alle riforme effetti diretti sul Pil vediamo di ragionare sul lavoro, quindi sull’attività delle persone e sulle retribuzioni. Forse questo ha davvero un’azione diretta sul Pil», ha concluso.