Il Canada si è svegliato sotto shock per il risultato delle elezioni americane. I media locali, che definiscono Donald Trump «l’uomo d’affari celebrità dalla retorica ampollosa» e un «sessista razzista», parlano di risultato «stupefacente». Persino l’unica ex prima ministra donna Kim Campbell, politicamente conservatrice, definisce questa vittoria «un disastro non solo per il Canada, ma per il mondo intero». La maggioranza dei canadesi, a prescindere dall’orientamento politico, si dice seriamente preoccupata dai risultati di queste elezioni, prima di tutto per le possibili ripercussioni sugli scambi commerciali con i vicini del sud e per le politiche ambientali, ma anche per gli attacchi di Trump ai valori sociali e umani di cui vanno fieri e sulla possibile fuga in massa degli americani in Canada. Il sito dell’immigrazione canadese è stato infatti preso d’assalto, per quanto non ci sia nessuna conferma che il volume di traffico sia dovuto a visitatori statunitensi. Molti americani però avevano dichiarato che avrebbero fatto domanda di immigrazione in Canada in caso di una vittoria di Trump. Durante la campagna elettorale, era stato anche aperto un sito provocatorio «Cape Breton se vince Donald Trump», che aveva generato numerose discussioni tra gli americani intenzionati a trasferirsi in Nuova Scozia. Già da martedì sera il sito era in tilt e per tutta la giornata di ieri era ancora impossibile accedervi. Il portavoce di Immigration, Refugees and Citizenship Canada, Remi Lariviere, ha dichiarato il sito «temporaneamente inaccessibile agli utenti» per «l’intenso aumento del volume di traffico».

Per quanto riguarda la paura di ripercussioni in ambito economico, uno studioso del Canadian Centre for Policy Alternatives (un istituto di ricerca indipendente che si occupa di problemi sociali, economici e di giustizia ambientale) ha assicurato che l’elezione di Trump non comporterà grossi cambiamenti negli scambi commerciali tra i due paesi. Ma lo stesso Trump in campagna elettorale aveva anticipato che se eletto avrebbe strappato l’accordo nordamericano per il libero scambio, anche noto come Nafta, firmato nel ’92 da Stati uniti, Canada e Messico all’epoca del presidente Bill Clinton ed entrato in vigore nel 1994. La preoccupazione dunque rimane, anche perché il Canada economicamente dipende molto dai vicini, molte aziende hanno succursali in America o sono succursali di aziende americane.

Dopo un primo momento di silenzio da parte di Ottawa, il primo ministro canadese Justin Trudeau si è congratulato con Trump e ha affermato che per il Canada non ci sono migliori amici, partner e alleati degli Stati uniti. Il partito liberale aveva chiaramente sostenuto Hillary Clinton durante la campagna elettorale, ma Trudeau ha comunque promesso che lavorerà con Trump e la sua amministrazione per intensificare gli scambi commerciali e i sistemi di sicurezza e per continuare a garantire eque opportunità a canadesi e americani. Trudeau ha dichiarato che le relazioni tra il Canada e gli Usa sono basate su valori condivisi e sugli stessi «sogni e speranze» e ha insistito sul fatto che i due paesi lavoreranno sempre bene insieme perché sono entrambi forti, rispettosi e si ascoltano l’uno con l’altro.

Meno convinta è stata Kathleen Wynne, premier dell’Ontario (la provincia canadese più vicina agli Stati uniti culturalmente e economicamente), che in un’intervista radiofonica si è detta sorpresa e molto delusa dal risultato di queste elezioni. Wynne, determinata sostenitrice delle minoranze razziali e lgbt, ha messo in risalto la necessità di analizzare questo risultato perché dimostra che le persone hanno votato contro un sistema dal quale non si sentono rappresentate, ma allo stesso tempo ha parlato di evidente misoginia e ha sottolineato come la campagna elettorale di Trump abbia colpevolmente puntato sul dividere anziché unire, in particolare sui temi riguardanti la convivenza interrazziale e i diritti civili, temi particolarmente delicati e importanti in questo momento storico.