Negli ultimi decenni «in Italia, sotto il profilo macro-economico (ma non solo) il narcotraffico è stato il più rilevante ed efficace moltiplicatore di ricchezza, creando in pochi anni enormi accumulazioni patrimoniali che nessuna attività economica è stata in grado produrre. Una ricchezza illecita che, inevitabilmente, è rifluita sul mercato finanziario ed economico legale, alterandone le regole essenziali e, fra queste, la più importante che è quella che, in un sistema liberal-democratico, assicura giustizia, equità e progresso sociale: la parità di partenza fra i diversi operatori economici».

Non è l’incipit del capitoletto «antiproibizionista» di un movimento politico contrario alla “guerra alla droga” né una delle analisi ospitate solitamente su queste pagine, bensì un estratto dal parere inviato dalla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo alle Commissioni giustizia e affari sociali della Camera dei deputati che in questi giorni sta terminando un’indagine conoscitiva relativa alle proposte di legge per la legalizzazione della cannabis previste per l’Aula entro la fine di luglio.

A differenza delle cose dette, e dei documenti presentati alle Commissioni nelle scorse settimane da decine di esperti, associazioni e cultori della materia, il Sostituto Procurato Nazionale, Francesco Curcio e il Procuratore Nazionale, Franco Roberti hanno «espresso un parere sui progetti di legge». Per quanto riguarda la legalizzazione della cannabis, purché avvenga con la creazione di un monopolio e scongiuri il consumo associato, Curcio e Roberti esprimono parere favorevole.

«Negli ultimi 20/25 anni si stima che in termini assoluti in Italia le narco-mafie abbiano disposto di un patrimonio “ripulito” presente sui mercati finanziari, immobiliari e mobiliari, pari a circa 400 miliardi di euro. Un patrimonio che, sulla base dei dati forniti dalle Nazioni unite, si incrementa di 20 miliardi di euro di anno in anno».

Il “parere”  della Direzione Nazionale Antimafia segnala che «le mafie nazionali e internazionali godano di una posizione di sostanziale monopolio nella gestione dei traffici di stupefacenti» ivi compresa quella della cannabis e che «la crescente domanda di cannabis ha trovato una pronta risposta, nella straordinaria, nuova, produzione afgana» e non, come si pensava, nella produzione diffusa in Europa.

La Direzione Nazionale denuncia inoltre che «il traffico di stupefacenti – compreso quello della cannabis – alimenta e moltiplica le risorse finanziarie delle organizzazioni di tipo mafioso (nazionali e non) e dunque, fra l’altro, la loro capacità di produzione della cannabis»; relativamente al racconto afgano, si ritiene che sia «controllata da gruppi fondamentalisti e terroristi. Il che equivale a dire che la produzione di cannabis è una delle fonti di finanziamento del terrorismo». Segue una lista di sequestri di quantitativi che, in Italia, sono di 100-150 volte superiori a quelli di eroina e cocaina e addirittura di 8000 di quelli delle droghe sintetiche: «Si sequestra in misura infinitamente più ampia la sostanza meno dannosa rispetto a quelle ben più nocive se non letali».

La Direzione Nazionale entra poi nel merito del testo unificato a prima firma Giachetti articolando ulteriormente il proprio parere favorevole auspicando che il circuito penale resti l’extrema ratio anche per chi dovesse violare la nuova normativa.

Con 300 parlamentari che hanno sottoscritto proposte per la regolamentazione legale della marijuana, un iter ormai incardinato alla Camera, una raccolta di firme su una legge d’iniziativa popolare per la legalizzazione della cannabis e questi auspici così autorevoli, cosa aspetta il Governo a prender posizione?