David Cameron non ha più rivali a destra. Dopo l’euroscetticismo, sostenuto dall’allarme lanciato dai tabloid popolari che annunciano invasioni, epidemie e terrorismo jihadista diffuso se non si sbarrano le frontiere, il premier conservatore britannico ha scelto la via dell’affondo muscolare anche sull’immigrazione. Epicentro dell’escalation dagli accenti xenofobi del governo di Londra è oggi il tunnel sotto la Manica e l’afflusso degli stranieri provenienti dalla città francese di Calais, ma, puntando tutto su questa stessa linea, Cameron si è già aggiudicato le recenti elezioni politiche riuscendo nell’impresa di riportare a casa i voti nazionalisti in libera uscita e i consensi protestatari e razzisti andati negli ultimi anni all’United Kingdon Independence Party.

La svolta del Partito Conservatore non passa però inosservata. Mentre le autorità ripetono in modo ossessivo che i «veri nemici», più della crisi, sono gli stranieri scrocconi che campano alle spalle del già malridotto sistema di welfare del paese, l’estrema destra razzista sfrutta la situazione e torna ad occupare le strade. Al punto che c’è da credere che il saluto nazista esibito in famiglia dalla futura regina Elisabetta nel 1933, l’anno dell’ascesa al potere di Hitler, quando la sovrana non aveva che sette anni, rivelato recentemente da uno scoop del Sun, non sarà il solo segnale sinistro per cui ricordare questa calda estate dell’era Cameron.

Quasi a sostenere le proposte del premier che aveva parlato di aumento della sorveglianza, con «cani, agenti e reti metalliche» sulla sponda britannica della Manica, nei giorni scorsi i militanti dell’English Defense League, il movimento ultranazionalista che negli ultimi anni ha raccolto estremisti di destra e hooligans di diverse squadre di calcio su una piattaforma anti-immigrati e soprattutto anti-musulmani, si sono radunati a Folkestone, all’ingresso dell’Eurotunnel, per chiedere che «per fermare questa marea umana, siano inviati subito i militari». In un comizio improvvisato, introdotto dall’inno nazionale e tra bandiere con la croce di San Giorgio, simbolo dell’Inghilterra, e Union Jack, ha preso la parola Paul Goding, alla testa dal 2011 di Britain First, il partitino che si prefigge di portare sul piano elettorale le tesi dell’Edl, recentemente denunciato per aver seppellito un maiale in un terreno destinato alla costruzione di una moschea a Dudley, nelle Midlands occidentali. Secondo lui, «il popolo britannico è contrario all’immigrazione. Viviamo su un’isola già fin troppo popolata, non c’è più posto per nessuno. E se dobbiamo fare degli sforzi, è giusto farli per i nostri concittadini e non per degli stranieri. Chi arriva qui, deve essere fermato con ogni mezzo».

Edl e Britain First, che hanno preso il posto occupato all’inizio del decennio dal British National Party ormai prossimo allo scioglimento, puntano a presentarsi come difensori dei valori occidentali, ma, oltre al passato violento di molti dei loro membri, sono le stesse iniziative assunte dai gruppi locali che si rifanno a queste sigle ad illustrarne il vero profilo: a giugno, a Liverpool, hanno ad esempio promosso una «White Man March» aperta anche ai membri di formazioni neonaziste come la National Action e il British Movement. Allo stesso modo, a Newcastle, alcune centinaia di aderenti all’Edl, guidati da Robert Gray, un veterano delle forze armate, hanno dato vita di recente a Pegida UK, ispirandosi all’omonimo gruppo anti-islamico tedesco fondato a Dresda.

Come descritto nel rapporto annuale sulle violenze e il pregiudizio nei confronti dei musulmani, redatto da un gruppo di ricercatori della Teesside University, il diffondersi dell’islamofobia è infatti uno degli aspetti più visibili della situazione. Con oltre 700 incidenti repertoriati, tra cui una ventina di aggressioni fisiche gravi, e il moltiplicarsi della «letteratura dell’odio» online, il fenomeno è descritto nei termini di un autentico allarme.

La progressiva banalizzazione delle tesi dell’estrema destra nella società britannica, avvertono gli analisti della rivista antirazzista Searchlight, cela però anche un altro pericolo: quello di un ritorno del neonazismo puro e semplice e la prospettiva che Londra diventi una sorta di capitale di tali movimenti.

Come accaduto nel quartiere periferico londinese di Golders Green, dove vive una folta comunità ebraica, che è stato protagonista all’inizio di luglio di una manifestazione indetta letteralmente «contro l’ebraizzazione» della zona, a cui hanno preso parte neonazisti locali, riuniti nella National Action e nello Iona London Forum, accanto agli aderenti alla sezione britannica della Narodowe Odrodzenie Polski, Rinascita nazionale polacca, formazione dell’ultradestra di Varsavia sempre più presente anche presso i polacchi immigrati in Gran Bretagna, al pari di quanto accade anche per i gruppi neonazisti delle repubbliche baltiche e dell’Ucraina.