Il prossimo 25 luglio il testo di legge che prevede la legalizzazione della produzione, vendita e consumo di cannabis approderà in Aula alla Camera. Si tratta della proposta sottoscritta dai circa 300 parlamentari dell’intergruppo per la legalizzazione coordinato da Benedetto della Vedova. Quanto in decenni di battaglie antiproibizioniste abbiamo auspicato come Radicali – ovvero che il parlamento si assumesse le proprie responsabilità su questo tema – sembra adesso quasi a portata di mano. La tentazione sarebbe quella di rasserenarsi e attendere un esito che pare inevitabile.

Eppure sappiamo che proprio nel momento in cui le cose sembrano prendere forma, i conflitti e le resistenze si fanno più duri e feroci. I colpi di coda di una politica proibizionista, che molti danni ha fatto ma che non è disposta a cedere il passo, non si faranno attendere. Basta ricordare quanto accaduto su quello straccio di legge sul fine vita – il cosiddetto «decreto salva Eluana Englaro» poi diventato ddl Calabrò – e ricordare uno dei dibattiti parlamentari più bassi della storia repubblicana e il suo epilogo in un nulla di fatto (la calendarizzazione a ridosso della pausa estiva costituisce in questo un’insidia). Le prime avvisaglie della controffensiva proibizionista emergono già nelle affermazioni dei parlamentari che denunciano in questa calendarizzazione una «deriva etica e antropologica» sulla spinta delle «lobby radicali» a discapito dei veri bisogni dei cittadini e soprattutto dei giovani. A questi occorrerebbe ricordare innanzitutto che quello della legalizzazione della cannabis – e, aggiungiamo noi, della decriminalizzazione dell’uso di tutte le droghe – è un tema sociale, il più acuto nel nostro Paese.

Sono infatti quasi 17mila i detenuti reclusi a causa dell’art.73 del Testo unico sulle droghe, che punisce la produzione il traffico e la detenzione di sostanze stupefacenti, come documentato dal Settimo Libro bianco presentato alcuni giorni fa alla Camera. Si tratta del 32% della popolazione penitenziaria: uno su tre. La stessa cifra di detenuti con problemi di dipendenza anche dietro le sbarre. Di questi la maggior parte sono giovani, giovanissimi. Ma oltre i numeri, così imponenti, ci sono le storie e i corpi di queste persone. Le notti in carcere, i processi interminabili, la vita che, anche una volta fuori, non riparte.

Spesso si citano i costi economici del proibizionismo – che pure sono massicci: un mercato stimato tra i 5,5 e gli 8,5 miliardi all’anno – la nostra battaglia invece si concentra sui costi sociali sanitari e su quelli che riguardano il piano della giustizia. Anche qui ci sono costi economici: si pensi solo ai 2 miliardi annui per le spese di tribunali e operazioni di polizia. Tanto che perfino la Direzione nazionale antimafia ha evidenziato i benefici della legalizzazione in termini di «liberazione di risorse» in diversi comparti della Pa e della giustizia. Ma ci sono altri costi che riguardano la salute dei cittadini e la loro libertà di scegliere senza finire negli ingranaggi della macchina della punizione.

Per sostenere e rafforzare la proposta di legge all’attenzione del parlamento, ad aprile scorso come Radicali Italiani e associazione Luca Coscioni – e in collaborazione con tutte le più grandi associazioni antiproibizioniste italiane – abbiamo lanciato la campagna «Legalizziamo!» per una nostra proposta di legge di iniziativa popolare sul tema. Si tratta di un testo che segue lo schema di quello presentato dall’intergruppo per la legalizzazione, ma che fa dei passi in avanti: per esempio sulla decriminalizzazione dell’uso di tutte le droghe. Provvedimento, quest’ultimo, che in altri Paesi, come ad esempio il Portogallo, ha dato risultati formidabili in termini di riduzione dell’incidenza di Hiv e diminuizione dei consumatori, soprattutto tra i giovani.

Dunque, in questa fase delicatissima, è necessario non abbassare l’attenzione e rilanciare la battaglia, spingendo l’acceleratore sulla raccolta firme per la legge popolare (www.legalizziamo.it). Saremo fuori dal Parlamento con le firme di migliaia di cittadini per dire al legislatore che è ora di archiviare il proibizionismo e promuovere «politiche pubbliche orientate al criterio dell’efficacia piuttosto che della demagogia», come auspicato dal ministro della Giustizia Orlando nel suo intervento alla sessione speciale delle Nazioni Unite.

E non potrebbe esserci efficacia nel contrasto di un comportamento – quello del consumo di cannabis, appunto – che interessa 4 milioni di italiani, 20 milioni di europei e 184 milioni di persone nel mondo.

«Se tu vuoi vietare l’esercizio di una facoltà umana che per qualsiasi motivo è praticata a livello di massa, tu fallirai e sarai costretto all’illusione autoritaria del potere che colpisce il “colpevole” e lo colpisce a morte», diceva infatti Marco Pannella, a cui l’approvazione di questa legge dovrebbe essere dedicata.

* L’autore è Segretario di Radicali Italiani