Ha pronunciato due parole di troppo, parlando di cannabis di questi tempi, anzi tre: «legalizzazione», «laicità» e «intelligenza». E ha scatenato un putiferio che ancora ieri non accennava a placarsi. Anche se il ministro di Giustizia Andrea Orlando si augura di vedere trasferito il dibattito in Parlamento: «Lo seguirò con grande attenzione», ha detto ieri.

Il più duro è il forzista Maurizio Gasparri che conia il refrain subito adottato da tutto l’arco proibizionista: «È fuori dalle sue competenze», declinato pure in «invasione di campo della magistratura nella politica»: «A distanza di 24 ore emerge ancora di più la pericolosità e la pochezza di Raffaele Cantone», dice il vicepresidente del Senato chiedendo le dimissioni del presidente dell’Anticorruzione.

Sì, perché Cantone ieri è tornato a spiegare perché ha cambiato idea («quando i miei figli sono cresciuti», ha detto al Corriere della Sera) sulla legalizzazione della cannabis, mettendo «in discussione quella che per me era una certezza, senza se e senza ma»: «C’è un dato che nessuno riesce a mettere in discussione: le politiche proibizioniste non sono riuscite assolutamente a sradicare il fenomeno», ha affermato, aggiungendo a mo’ di esempio la notizia comparsa ieri sul manifesto riguardante l’avvio della vendita legalizzata e controllata di marijuana a Zurigo. I dubbi restano, dice Cantone, soprattutto quello sulla «tutela della salute», «io mi sono limitato a esprimerli perché su questa questione bisogna evitare il dibattito ideologico e trovare una legislazione che possa ridurre il danno, trovare meccanismi che evitino che i ragazzi si avvicinino alle droghe e soprattutto che comincino a utilizzare droghe ben peggiori».

Una posizione «amorale e devastante», secondo Gasparri che la contrappone a quella di «un magistrato ben più valoroso e serio come il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, che da massimo esperto nella lotta al narcotraffico ha ribadito quanto sarebbe illusorio e sbagliato legalizzare la cannabis perché non scalfirebbe i guadagni della criminalità».

Aspettando di toccare con mano i risultati delle grandi lotte al narcotraffico, è il sottosegretario agli Esteri, Benedetto Della Vedova, promotore dell’intergruppo Cannabis Legale, a rispondere via Fb al procuratore di Catanzaro. «Gratteri afferma che la quota del giro d’affari della cannabis sarebbe “ridicola”, intorno al 5% del totale del traffico. Possiamo sapere quale sia la fonte di questi dati? – scrive Della Vedova – Perché a noi, che cerchiamo di studiare al meglio la questione da qualche decennio risultano dati assai diversi. Come quelli forniti dalla Dna, ad esempio». O dallo «studio di Carla Rossi (pubblicato su Current Drugs Abuse Reviews, 2013) in cui si stima in 22,5 miliardi il mercato complessivo degli stupefacenti in Italia, di cui 12 miliardi di cocaina e 7,1 miliardi di cannabis: un terzo del totale». Un mercato peraltro in aumento, e tutt’altro che «ridicolo», che «alimenta la corruzione e inquina l’economia legale».

Della Vedova, ricordando che «a novembre in cinque stati Usa, tra cui la California, si terrà un referendum sulla legalizzazione della cannabis – come riferisce al manifesto – e che in caso di vittoria salirà a un quarto, la popolazione statunitense che vive con una legislazione antiproibizionista», chiede a Gratteri: «Stati Uniti, Canada o Svizzera non sono forse democrazie compiute?»