Inizia e finisce a Civitavecchia la «storia» di Capo e croce – Le ragioni dei pastori di Marco Antonio Pani e Paolo Carboni, che tra il 2010 e il 2011 hanno seguito il Movimento dei pastori sardi e la loro lotta. Nella città di porto a un’ora da Roma i circa duecento rappresentanti del movimento, diretti verso la capitale per far sentire le proprie ragioni, vengono bloccati dalla polizia, che sospende il loro diritto a circolare liberamente sul territorio nazionale, li carica e arresta anche qualcuno dei loro rappresentanti.

Perché, viene da chiedersi, un simile accanimento verso uno sparuto – per quanto agguerrito – gruppo di pastori con le loro famiglie, giunti «in continente» tra mille sacrifici, mentre «giù» in Sardegna le pecore non potrebbero essere lasciate da sole perché stanno partorendo?
Capo e croce, uscito nel 2013, viene proiettato in questi giorni alla Festa del cinema del reale che si tiene a Specchia, in provincia di Lecce, e durerà sino a domani. Nel documentario in programma Carboni e Pani accompagnano i pastori attraverso un breve tratto della loro lotta, che viene da lontano e continua ancora oggi: una battaglia affinché il loro lavoro venga tutelato e i suoi frutti equamente retribuiti. O perché le autorità che confinano i pastori a Civitavecchia, e li fanno caricare dalla polizia sotto il Consiglio regionale a Cagliari, non continuino a far finta di non vedere come a Porto Torres sbarchino carichi di maiali e pecore provenienti da Spagna e Germania poi spacciati nei supermercati come carne sarda, la stessa che loro hanno difficoltà a vendere.

Dallo sfondo del paesaggio sardo, quello impervio, lontano dal mare e dai resort, e dal tappeto sonoro fatto del tintinnio dei campanacci delle greggi al pascolo, i registi isolano alcuni «protagonisti», le loro storie e rivendicazioni.
Tore vorrebbe che per una volta, di comune accordo, tutti decidessero di buttare il latte anziché venderlo a chi impone prezzi stracciati, «per vedere se se la fanno sotto». Felice si augura di vedere la nascita di un sindacato popolare capace di incaricarsi delle rivendicazioni di tutti loro. Il lavoro in campagna intanto è ormai un’emorragia di soldi, non un guadagno, e dal governo arriva solo «un’elemosina» che non consente modifiche strutturali.

Tore, Felice, Giovanni e compagni sono soli e isolati nella lotta contro i giganti: le politiche statali che li ignorano, l’Unione europea con le sue regole ma anche i soldi destinati alla pastorizia che poi svaniscono per incanto – tutti si chiedono chi li abbia mai visti, che fine abbiano fatto – le banche pronte a pignorare case e aziende.
Le campagne sarde e i suoi abitanti, dal Sulcis all’Ogliastra, sono immortalati da Carboni e Pani in un bianco e nero che già consegna la vicenda dei pastori alla Storia, quella di un lungo passato che rischia di essere senza futuro.