Un editoriale del New York Times, comparso lunedì, dà il tono dell’attacco in corso contro il governo venezuelano: «Maduro nel suo labirinto», titola il Nyt accusando il presidente socialista di aver portato alla crisi un’«economia gestita disastrosamente per diversi anni». I piani sociali? Una rete clientelare messa in campo da Chavez e perpetrata in modo autoritario dall’ex autista di autobus eletto dopo di lui. Le code provocate dall’accaparramento illegale dei grandi gruppi economici e dalle mafie che le sostengono? Solo un’insopportabile vessazione imposta dal governo alla popolazione repressa. Dopo aver assunto le previsioni del Fondo monetario internazionale, che pronosticano una contrazione del 7% dell’economia venezuelana per il 2015, il Nyt ipotizza la possibilità di default dovuto all’inadempienza verso il debito estero, e la drastica limitazione dei sussidi verso i paesi alleati dei Caraibi, fra i quali Cuba. Segue un peana in difesa del dirigente di destra – l’ex golpista Leopoldo Lopez, in carcere come mandante delle violenze del febbraio 2014 -, e l’elogio di un’altra ex golpista, grande amica dell’ex presidente Usa George W. Bush, Maria Machado, protagonista della campagna «la salida»: che chiede l’espulsione di Maduro dal governo con un’azione di forza. In questi giorni, Machado ha invitato nel paese alcuni ex presidenti latinoamericani di destra, come il cileno Sebastian Piñera, ex pupillo di Pinochet, per dar lezioni sui «diritti umani».

Movimenti sociali e personalità politiche, provenienti da tutto il mondo per partecipare al seminario «Neoliberismo e diritti umani: parlano le vittime», hanno denunciato un attacco simile a quello portato contro il governo socialista di Salvador Allende in Cile. Ieri si sono riuniti a Miraflores per sostenere il «piano pilota» annunciato da Maduro «per vincere la guerra economica e sconfiggere il colpo di stato stristiante». Maduro ha salutato «la nuova ondata di speranza che si è aperta in Europa con la vittoria di Syriza in Grecia» e ha espresso solidarietà all’Argentina.

Il Venezuela è in prima fila nei lavori del III vertice della Comunità degli stati latinoamericani e caraibici (Celac) in corso in Costa Rica oggi e domani. L’Ecuador assumerà la presidenza pro-tempore e i ministri degli Esteri dei 33 paesi americani (esclusi Usa e Canada) hanno preparato un documento congiunto: per sostenere la fine del blocco economico a Cuba, il processo di pace in Colombia e rigettare gli attacchi al Venezuela. Anche i movimenti sociali hanno organizzato vari incontri tematici. E preoccupa l’assenza del Venezuela dal primo vertice sulla Sicurezza energetica dei Caraibi, in corso negli Usa. Il Venezuela è il motore di Petrocaribe, un organismo che fornisce petrolio a prezzo agevolato ai paesi componenti quali Cuba perché lo rivendano più caro, e in cambio riceve servizi o prodotti che deve importare.

Secondo il Nyt, e a dispetto di quanto Maduro ha dichiarato, il Venezuela messo in crisi dalla caduta del prezzo del petrolio, dovrà tagliare gli aiuti a Petrocaribe. Per questo, Washington deve premere sui paesi sussidiati. «Siamo pronti a sostituire il Venezuela nelle forniture di Petrolio», ha detto agli Usa il ministro degli esteri messicano. E il cappio del TTip si stringe un po’ di più intorno al socialismo bolivariano.