Ventidue detenuti politici che fanno lo sciopero della fame – oggi è il 34 esimo giorno – per l’abolizione delle carceri speciali e di un insieme di misure di emergenza rischiano la morte, mettendo a dura prova il governo di Alexis Tsipras. Sparsi in vari ospedali, cinque di loro, secondo i medici, sono in fase di deregolarizzazione definitiva delle loro funzioni organiche, uno ha già avuto due infarti, mentre la vicenda, poco prima della pasqua ortodossa, sta offuscando la cronaca sulle trattative tra Atene e i creditori internazionali.

Tutto è cominciato il 2 marzo, quando una trentina di detenuti accusati o condannati per rapine, attentati terroristici, tutti considerati «pericolosi» dallo stato ellenico, hanno deciso lo sciopero della fame per protestare contro la «crociata antiterrorismo» degli ultimi anni, che prevede tra l’ altro la detenzione dei familiari dei presunti terroristi.

In un comunicato firmato da Dimitris Koufontinas, membro dell’ organizazione 17 novembre, e Kostas Gournas, membro di Lotta Rivoluzionaria, ambedue prigionieri nel carcere speciale di Domokos, si legge che i detenuti lottano per «l’abolizione di alcuni articoli del codice penale che si riferiscono alle organizzazioni criminali e terroristiche, per la revoca della legge di emergenza che prevede misure speciali, l’abolizione dei tribunali speciali e delle prigioni di tipo Gamma, simbolo dello stato d’eccezione dei prigioneri politici».

La creazione delle carceri speciali, da parte del vecchio governo, fu la goccia che fece traboccare il vaso della protesta contro un sistema penitenziario anacronistico e repressivo.

Maltrattamenti, pestaggi, torture sono all’ordine del giorno nelle prigioni greche, tra le più sovraffollati d’Europa. Non solo: la mancanza del personale medico, la sporcizia nelle celle e negli spazi comuni – non a caso epatite e altre malattie sono molto diffuse – ma soprattutto il regolamento disciplinare, che si fa sempre più rigido, danno l’immagine di un vero e proprio inferno, non degno né della storia né della civiltà ellenica. Non a caso ogni anno non sono pochi i detenuti che decidono di mettere fine alla loro vita. L’ultimo è stato un pakistano che si è impiccato il 24 marzo proprio nello stesso carcere dove sono rinchiusi Koufontinas e Gournas.

Centinaia sono in attesa del processo, visto che secondo la legislatura greca, una persona può essere detenuta fino a 18 mesi prima di essere processata.

Che la situazione sia disumana lo dimostrano i frequenti scioperi della fame, le rivolte, le fughe, ma pure le statistiche e le condanne della Grecia da parte della Corte europea dei diritti umani. Nel 2014 i reclusi nelle prigioni greche, che al massimo possono ospitare 9 mila persone, erano 12.700. Più della metà sono extracomunitari e la maggioranza è arrestata perché ha tentato di entrare clandestinamente in territorio ellenico oppure per delitti legati all’uso di droga. In condizioni di lusso, invece, vivono i detenuti neonazisti di Alba Dorata e personaggi politici condannati per corruzione.

Il governo di Antonis Samaras non solo non ha fatto nulla per migliorare la situazione, ma ha creato le carceri speciali. Il pretesto è stato l’evasione, nel 2014, di Christodoulos Xiros, membro del 17 novembre, condannato a sei ergastoli e in carcere dal 2003. La sua scomparsa dopo un permesso premio per le feste di Natale (Xiros è stato arrestato di nuovo pochi mesi fa) aveva provocato dure reazioni tra i conservatori e i socialisti, finché Samaras aveva deciso di costruire il primo carcere speciale, detto Gamma, a Domokos, una cittadina a una trentina di chilometri a nord di Lamia.

I detenuti sorvegliati dai reparti delle forze speciali della polizia e da militari armati fino al collo, senza permessi di libertà, con ore d’ aria quasi inesistenti, senza la possibilità di comunicare con il mondo esterno, con videocamere, porte blindate e finestre antiproiettile, vivono isolati in un carcere tutto nuovo ma medioevale, diventato il simbolo della repressione. Erano seguite proteste contro la riforma del sistema penitenziario da parte di migliaia di detenuti, mobilitazioni organizzate da gruppi anarchici e attivisti della sinistra, ma Samaras era rimasto fermo. Nel tentativo di raccogliere voti, poco prima delle elezioni del gennaio scorso, il suo governo aveva puntato sulla sicurezza, mentre Syriza aveva promesso la chiusura immediata del carcere di tipo Gamma.
Ieri il ministro della Giustizia Nikos Paraskevopoulos ha presentato un progetto di legge che prevede, tra l’altro, l’abolizione delle carceri speciali. Per alcuni detenuti politici e simpatizzanti della lotta armata non è sufficiente. Lo stesso pensano alcuni gruppi anarchici – che ieri hanno rischiato di scontrarsi con la polizia nel quartiere ateniese di Exarchia – per i quali Syriza «è sempre espressione del potere» e «nemico di classe».

Poche settimane fa gli anarchici, in segno di solidarietà ai detenuti in sciopero della fame, hanno occupato per alcune ore la sede centrale di Syriza ad Atene. Mercoledì scorso una ventina di attivisti, sono entrati nel “sagrato” del Parlamento, dove non ci sono più le barriere metalliche, per esprimere la loro solidarietà ai «compagni incarcerati in lotta».

Una protesta del tutto pacifica che ha provocato una marea di reazioni. Per Nd e Pasok «lo Stato è stato travolto», mentre nel governo ci sono due linee di pensiero: c’è chi, come il portavoce e il rappresentante parlamentare di Syriza, considera l’atto «provocatorio e incomprensibile», mentre per la Presidente del Parlamento Zoi Konstantopoulou «non c’è stata alcuna invasione».