Ci vorranno secoli, se continuiamo con questi ritmi, per rendere sicure le scuole italiane e tagliare una bolletta energetica che pesa 1,3 miliardi di euro all’anno sulle casse dello Stato.

Scansiamo dal tavolo i gufi e le polemiche politiche, perché davvero la riqualificazione dell’edilizia scolastica è una priorità condivisa da tutti. Per una volta il problema non sono neanche le risorse a disposizione o i pochi cantieri aperti. Il paradosso, anzi, è che sono stati mobilitati oltre 7 miliardi di euro, secondo le ultime stime del governo, ma risulta davvero difficile capire i risultati che 27mila interventi in corso starebbero producendo per rendere più sicure e accoglienti le scuole italiane.

Un’analisi di questa particolare situazione possiamo trovarla nel Rapporto Ecosistema Scuola di Legambiente, presentato oggi a Roma, che ha provato a indicare le priorità di intervento nella riqualificazione del patrimonio edilizio scolastico.

Abbiamo tutti negli occhi le immagini del terremoto nel centro Italia, per cui non è difficile condividere l’urgenza della messa in sicurezza del patrimonio esistente. Davvero non è accettabile che possa ripetersi in futuro quanto avvenuto ad Amatrice, dove una scuola inaugurata nel 2012, su cui erano state investite risorse pubbliche per il “miglioramento sismico”, possa crollare.

La seconda sfida tiene assieme obiettivi ambientali e di spesa pubblica. Perché migliorare le prestazioni energetiche dei 43mila edifici scolastici che esistono nel nostro paese, significa produrre vantaggi nell’interesse generale e, attraverso i risparmi realizzati, aiutare gli stessi processi di riqualificazione.

Il problema, che emerge dal rapporto di Legambiente, è che proprio questi interventi vanno a rilento. Lo dicono i dati del Miur: oltre il 70% degli interventi avviati sono “non strutturali”. Si tratta di rifacimenti delle facciate, messa a norma degli impianti e dell’antincendio, interventi sui controsoffitti.

Indubbiamente tutti gli interventi sulle scuole sono importanti, ma in un Paese dove quasi un terzo delle scuole si trova in zone ad alto o altissimo rischio sismico occorre indirizzare con intelligenza le risorse.

Le politiche messe in atto dal Governo Renzi hanno permesso, fino ad oggi, di sbloccare progetti che i Comuni avevano nei cassetti da tempo, ma ora si sta fermando tutto.

Nessuno ne parla, ma la situazione è davvero surreale, con bandi di finanziamento che vengono continuamente prorogati perché andati deserti. I Comuni non hanno infatti in bilancio le risorse per finanziare la progettazione necessaria a candidarsi, per i noti tagli, oppure, chi ha i progetti viene fermato dalle barriere che ancora esistono dovute al Patto di Stabilità.

Il caso di Roma è, come spesso capita, esemplare.

Le oltre 1.500 scuole nel comune della capitale dovranno attendere anni prima di vedere interventi capaci di eliminare degrado e sprechi, perché ieri Marino e oggi la Raggi non sono in grado di candidarsi per i fondi Kyoto o i mutui BEI con progetti di riqualificazione.

Per cambiare questa situazione non serve bussare dal ministro Padoan per ottenere più risorse nella Legge di Stabilità. In questo momento si potrebbero perfino triplicare i fondi senza che nulla di significativo accada.

Piuttosto, Renzi dovrebbe prendere atto che quanto messo in piedi fino ad oggi non basta più.

Si parta dalla struttura creata presso Palazzo Chigi, che dovrebbe proprio cambiare “missione”, perché oggi non serve una regia nazionale, per le risorse dedicate alle scuole, se poi non si è in grado di supportare i Comuni a superare i problemi che incontrano.

E poi, è possibile che ancora non sia stata completata l’anagrafe del patrimonio edilizio scolastico? La conseguenza è che si continua a procedere negli interventi senza conoscere le vere emergenze, con evidente sperpero di risorse pubbliche.

Si parla tanto di semplificazione per le grandi opere e poi si lasciano funzionari e Sindaci a gestire procedure complicatissime per progetti, appalti e cantieri.

Invece di tante slide e annunci, proviamo a scalare un gradino alla volta. E, a partire da Norcia e Amatrice, mettere in sicurezza tutte le scuole nelle aree a rischio sismico per poi applicare questi obiettivi al resto del patrimonio.

Altro che Ponte sullo Stretto, sono questi i cantieri diffusi di cui ha bisogno il nostro Paese per tornare a guardare con speranza il futuro.