Dopo la seconda guerra mondiale e la caduta del fascismo, la regola era che la politica doveva essere di tutti: tutti dovevamo impegnarci in politica perché questo era il fondamento della democrazia: “governo del popolo”. Ma ora l’aria è cambiata: Per il referendum del prossimo 4 di dicembre è assai chiaro. C’è un manifesto assai eloquente: «Cara Italia, vuoi diminuire il numero dei politici? Basta un SI».

Siamo arrivati al punto da ritenere malfattori quelli che si occupano di politica? Al punto che dire: «tu sei un politico» è un insulto? Quindi, basta anche con la democrazia che significa “governo del popolo”? Meglio il governo di pochi o di uno solo.

Il governo di pochi si chiama “oligarchia”, che già a scuola ci insegnavano che è una brutta cosa. Dire che un personaggio era un “oligarca” non era proprio un complimento. Ma ora anche Eugenio Scalfari ci spiega che sbagliamo: «Il primo errore – scrive nel suo editoriale su Repubblica di domenica 2 ottobre – riguarda proprio la contrapposizione tra oligarchia e democrazia: l’oligarchia è la sola forma di democrazia».

Questo inatteso innamoramento per l’oligarchia stupisce e preoccupa ed è contro tutto quello che avevamo imparato a scuola.

Preso dal dubbio sono andato a leggere la voce “oligarchia” nell’enciclopedia Treccani: «Caratteristica della o. (oligarchia) è l’esclusione di notevole parte dei liberi, spesso la maggioranza, dal pieno godimento dei diritti politici e la menomazione conseguente della dignità individuale, dei diritti e della libertà stessa degli esclusi dal potere».

Ma Treccani a parte, resta il fatto che tra democrazia (governo del popolo) e oligarchia (governo di pochi) c’è una bella differenza che Scalfari non può cancellare, come noi non possiamo ignorare che l’identificazione di democrazia e oligarchia è una deriva della finanziarizzazione e globalizzazione del capitalismo di questi nostri tempi.