La crisi ucraina sta cementificando uno spirito solidale e internazionalista che poco a poco sta riprendendo piede tra le maglie dei “movimenti”. Ed è questa spinta che anima l’impegno dello storico gruppo musicale della sinistra antagonista, la Banda Bassotti, che pochi giorni fa ha lanciato un appello rivolto «alla nostra grande famiglia, a tutti i banditi senza tempo, agli antifascisti, alla classe operaia, ai lavoratori, ai disoccupati e agli sfruttati. Dovunque essi siano».

L’idea di una «carovana antifascista» nelle terre del Donbass, il cui slogan è l’evocativo No Pasaran della resistenza anti-franchista, nasce dall’esigenza di rompere l’omertoso silenzio sulla persecuzione delle forze popolari antifasciste nel territorio ucraino. Un silenzio reo secondo la Banda di distorcere i racconti della crisi, letta solo attraverso il braccio di ferro tra Kiev e Mosca. Poche sono state infatti le parole spese sulla difficile situazione delle formazioni antifasciste ucraine che si oppongono alla svolta autoritaria di Poroshenko.

«Come già abbiamo fatto in Nicaragua nel 1984, in Salvador nel 1994, in Palestina nel 2004 siamo pronti per questo viaggio. Dal 26 al 30 settembre 2014 saremo nelle terre che resistono all’attacco dei nazisti», si legge sul sito che presenta la campagna; una presenza simbolica ma lontana da qualunque umanitarismo, composta da due concerti di cui uno a Rostov on Don, la città che ospita un campo profughi con oltre 150mila persone scampate alla guerra.

La campagna sta trovando consensi e adesioni sul web, sui social network e in parte tra i movimenti antagonisti, impegnati fino al 10 settembre in un’operazione di crowdfunding per autofinanziare il progetto della carovana (http://www.becrowdy.com/banda-bassotti-no-pasaran).

Anche Marino Severini, leader della storica band dei Gang, plaude al progetto: «La Banda Bassotti si sta preparando per un’altra delle sue “Missioni Impossibili”. Non è la prima volta, né sarà l’ultima – scrive Severini -. Ovunque per prestare loro stessi e le loro canzoni alla causa degli Ultimi, dei violentati, degli esclusi, delle vittime di ogni fascismo e barbarie».

Il compito che si assume un gruppo musicale sconfina così su un piano squisitamente politico. Lo fanno con altrettanta lucidità i 99 Posse sul dramma di Gaza. «Nella sinistra di base o di classe si muove poco o niente – scrive su facebook la band napoletana – e quello che si muove è caratterizzato da grande frammentazione. In questo scenario desertificato, si determina il paradosso di pagine di gruppi musicali come la nostra e quella della Banda Bassotti (e purtroppo quasi nessun’altra) che sono chiamate a svolgere impropriamente il ruolo che una volta sarebbe stato di un partito o di un’organizzazione politica». L’augurio è che questo sia solo l’inizio di una riflessione collettiva.