Durante l’estate del 1938 un insegnante di New York, Murray Burnett, andò a Vienna in vacanza. Qui decise di aiutare gli ebrei a trasferire soldi all’estero prima della fuga imminente. Durante il viaggio di ritorno, Burnett si fermò in un caffè in Francia. Rifugiati, soldati, comunisti e nazisti bevevano e ballavano mentre un pianista suonava. Tornato a New York l’insegnante insieme all’amica-scrittrice Joan Alison, scrisse l’opera teatrale Everybody Comes to Rick’s ispirata al suo viaggio. Nessuno la voleva, nemmeno Hollywood: era anti-nazista e politicamente scomoda. Poi all’improvviso i giapponesi… beh… Il giorno dopo Pearl Harbor, Irene Diamond della Warner Bros la lesse e pensò: ‘Bogart! O forse Ronald Reagan’ e il resto è storia. I rifugiati sono l’ispirazione del film che diventò poi Casablanca, l’apice del romanticismo hollywoodiano. Nel film i rifugiati si trovano bloccati nella piccola città eponima. Immaginate tutti quegli europei che attraversano il Mediterraneo verso l’Africa! Il loro scopo è di arrivare, attraverso Lisbona, negli Stati Uniti. Il ‘McGuffin’ del film, le lettere di transito rubate che permettono a chiunque di viaggiare senza che nessuno lo possa fermare o fargli delle domande rappresentano uno Schengen personale e, sebbene essenziali alla trama, pura fantasia (come oggi!) L’eroe della resistenza Victor Lazlo ne ha bisogno ma servono anche a Rick per poter scappare con la sua vecchia fiamma Ilsa Lund. Tutti vogliono andarsene. Pagano in denaro, sesso, arrivano perfino ad uccidere per trovare una via d’uscita. Le persone in transito a Casablanca sono disperate, diverse, divise, senza uno stato, tuttavia battono i nazisti in una gara di canto con le lacrime agli occhi! Un’ Europa fondata sui principi di «liberté, égalité, fraternité» e non del Reich. Casablanca non parla soltanto di rifugiati ma è anche il capolavoro di rifugiati. Paul Heinreid (Lazlo) era un austriaco scappato dal nazismo, come pure Peter Lorre (Ugarte). Anche S.Z. Sakall, il simpatico cameriere Karl, era un profugo austriaco che perse tre sorelle nei lager. Conrad Veidt, reso famoso da Il Gabinetto del Dott. Caligari e critico del regime, è un eccellente Col. Strasser, un ruolo che vede l’attore condannato a impersonare nazisti per il resto della sua carriera. In Casablanca anche i nazisti sono anti-nazisti. E poi ci sono gli immigrati (economici): la svedese Ingrid Bergman e il britannico Claude Rains. A parte Humphrey Bogart, l’unico vero americano è Dooley Wilson ma anche lui è una specie di immigrato: un batterista costretto a mimare al pianoforte. Dietro la macchina da presa abbiamo un ebreo ungherese, i tre sceneggiatori sono due ebrei e un comunista e il capo dello studio, Jack Warner, nato in Canada da ebrei polacchi che a casa parlavano yiddish. I rifugiati, quando vien data loro l’opportunità, rappresentano una forza, non un peso. Come canta Dooley: ‘You must remember this…’