La Commissione Europea ritiene inammissibile l’uso degli assegnisti di ricerca e dei ricercatori precari con contratti co.co.co. e co.co.pro. nei progetti finanziati per l’Italia da Horizon 2020, il programma su innovazione e ricerca per il settennato 2013-2020. Se applicata, la norma avrebbe un valore retroattivo e colpirebbe i precari impegnati nelle ricerche finanziate dall’Ue. Ai ricercatori precari sarebbe negato uno dei pochi accessi ai fondi per fare il loro lavoro. Questa è una delle possibili conseguenze prodotte dall’ostinazione italiana a non considerare i ricercatori precari come lavoratori. Gli assegni di ricerca – precisano i dottorandi dell’Adi – sono considerati «contratti privi del vincolo di subordinazione, con una retribuzione basata sui risultati e non sulle ore lavorate». L’Europa, invece, vincola l’erogazione dei fondi solo ai ricercatori a cui viene riconosciuta la condizione di subordinazione e una retribuzione basata sul conteggio orario. Per l’Adi c’è bisogno di una riforma delle figure pre-ruolo, l’assegno di ricerca è inadeguato.