Cerimonia in gran pompa, ieri mattina, sul palcoscenico dell’Argentina, per la sospirata presentazione del programma dello stabile romano. Ma guai a chiamarlo così: ambiziosamente si definisce «cantiere Roma Italia», o anche «progetto per Roma», un centinaio di pagine il malloppo distribuito senza badare alle foreste, 2,4 mega in edizione web. Un cartellone arrivato finalmente dopo le disavventure prolungatesi per mesi di un consiglio d’amministrazione che aveva scelto Ninni Cutaia per la direzione e lo ha fatto lavorare per un sostanzioso periodo, prima di accorgersi che per cavilli burocratici quella carica non era compatibile per lui.

Sono seguiti mesi di attesa nervosa, in cui né sindaco né gli assessori che di quel teatro sono soci «proprietari» (Ravera per la regione, Barca, nel frattempo dimessasi, per il comune) abbiano avuto una iniziativa. Finché si è arrivati alla nomina da Milano di Antonio Calbi, che appunto ieri si è presentato ai romani che non lo conoscessero. Il pubblico di artisti e giornalisti seduto sul palco, di fronte alla bella sala settecentesca. In proscenio divani rossi (come in un talk show) e un mazzo di molte decine di rose rosse «arrivate da Milano». Un buon augurio, e solo qualche maligno cocciuto può aver pensato a un ex voto. Non c’è bisogno di essere troppo maligni invece per notare la mole del programma, e il numero infinito di artisti coinvolti. Forse anche troppi per risultare organici in una visione teatrale.

Senza pensare necessariamente che troppi erano coloro da ringraziare per questo nuovo corso, va però osservato come le teniture di due o tre giorni a Roma non funzionano neanche per gli addetti, per l’offerta sempre strabordante. Prima di una settimana il pubblico «normale» difficilmente si accorge di un debutto. Ma questo riguarda soprattutto, purtroppo, le compagnie più giovani e meno affermate, che andranno all’India, se davvero si riuscirà a riaprirlo, con una sola sala, a settembre, come ha detto il sindaco Marino.
Che in compenso nel suo saluto non ha fatto cenno al problema dei problemi per una politica culturale a Roma, la vacanza dell’assessore (e i nomi che circolano non fanno sperare niente di buono) . Per il resto in quel listino c’è posto per tutti: il nome più prestigioso è quello di Peter Stein, uno dei pochi geni del teatro europeo, che sarà regista stabile per quattro anni, con una compagnia stabile di attori, sul modello della gloriosa Schaubühne berlinese. E infatti riallestirà la trilogia dell’Orestea, un titolo all’anno fino alla maratona globale del 2018. Anche Renzi vuole arrivare al ’18, come lo stesso direttore Calbi: ma ce la farà l’ottimo ed esigente Stein a dipanarsi per tanto tempo nelle pastoie burocratiche e politiche di Roma? È a lui che va l’augurio più sincero.