Valeria Solesin, la ragazza italiana di 28 anni uccisa al Bataclan, è stata una volontaria di Emergency. Cecilia Strada, che dell’associazione umanitaria è presidente, ne parla con pudore. Lo fa per rispettare il dolore della famiglia e per sottrarla al discorso strumentale di chi, anche in suo nome, torna ad invocare guerra e stato di emergenza come mali necessari.

Colpisce la storia di Valeria.

Era una ragazza splendida, studiava sociologia ed era appassionata ai temi della democrazia, ho appena letto un suo articolo dove metteva a confronto la situazione lavorativa delle donne in Francia e in Italia. Prima di andare a studiare alla Sorbona è stata una nostra volontaria, a Trento la ricordano ancora con affetto. Un giornalista ieri mi ha chiesto cosa c’entrava questa ragazza con l’assurdità della guerra, ci ho pensato e ho risposto che anche la tragica morte di Valeria c’entra eccome con la guerra, perché il terrorismo è l’essenza della guerra. Ci vanno sempre di mezzo gli innocenti. Questa realtà adesso ce l’abbiamo sotto gli occhi.

Quello che sta accadendo dimostra che chi si è sempre opposto alla guerra ha avuto ed ha ragione. Eppure questo discorso non è riuscito a diventare senso comune nell’opinione pubblica e oggi, dopo gli attacchi di Parigi, rischia di risultare poco convincente anche tra le persone che sostengono la pace. Prevalgono angoscia e smarrimento.

Senza dubbio tutto sarà più complicato. Questo è stato il mio primo pensiero, non ci ho dormito la notte. La coazione a ripetere gli stessi errori oggi rischia di non conoscere ostacoli. Per questo sono convinta che dobbiamo cercare di elaborare nuovi linguaggi e nuovi strumenti, forse la nostra dialettica pacifista non è più sufficiente. Oltre alla motivazione etica per cui bisogna schierarsi contro la guerra dobbiamo spiegare perché la guerra non serve, perché è inutile. Per la prima volta, nelle nostre città, abbiamo conosciuto una tragedia simile a quella che si consuma in un ospedale bombardato, lo dico non per giustificare o cercare di capire, lo dico perché sia evidente l’oscenità della violenza che genera solo violenza.

La domanda più urgente è: che si fa? Come si fa ad imporre la pace?

Intanto risulta evidente che la risposta più efficace non è fare un’altra guerra. Sappiamo quasi tutto su ciò che sta succedendo in Siria. Da dove arrivano le armi, da dove arrivano i finanziamenti allo stato islamico, le relazioni che gli stati europei hanno con l’Arabia Saudita. Dobbiamo svelare la grande ipocrisia dell’occidente. Utilizzare meglio l’intelligence, seguire il flusso di denaro e capire quali stati finanziano il terrorismo. E’ un lavoro lungo, forse nell’immediato non servirà a scongiurare un’altra strage, ma con le bombe è dimostrato che non funziona. Poi, certo, anche io sono convinta che sia necessario fare qualcosa: voglio che i miei figli vadano a un concerto senza essere uccisi e voglio che i figli degli altri siano curati negli ospedali senza essere bombardati.

Claudio Magris, in un articolo sul Corriere della Sera, azzardando un parallelo con il nazismo, sostiene che in alcuni casi a violenza bisogna rispondere con la violenza, per combattere “la melma pudibonda”.

Quand’anche si dovesse arrivare a questa conclusione, dove andiamo a colpire? Dall’altra parte non ci sono le trincee e gli eserciti schierati. Ricordiamoci che i servizi segreti e gli eserciti più potenti del mondo quando hanno cercato di colpire i terroristi hanno sempre scaricato bombe sui civili. Spesso ci raccontano di omicidi mirati e capisco bene che colpire i “cattivi” potrebbe anche essere accettabile, ma purtroppo la realtà sul campo è un’altra. Se colpisci un terrorista e poi lasci un intero villaggio senza acqua ed elettricità rischi di creare altri due terroristi. Ogni opzione di tipo militare dovrebbe preoccuparsi di tutelare i civili ed essere accompagnata da una azione politica e diplomatica efficace.

Questa crisi di senso e di strategia non solo militare dell’Europa capita mentre migliaia di profughi chiedono accoglienza e vengono respinti. Temi di più gli effetti di una nuova guerra o il dilagare del razzismo e delle politiche xenofobe in tutto il continente?

Mi spaventa tutto. Ho paura della caccia all’immigrato e trovo inquietante la chiusura delle frontiere. I profughi scappano e cercano di entrare in Europa proprio a causa del fallimento delle nostre politiche aggressive, non accoglierli oltre che profondamente ingiusto alimenterebbe la propaganda dell’Isis. Bisognerebbe poi interrogarsi anche su questi assassini di poco più di vent’anni nati nelle periferie di Bruxelles o Parigi, e domandarsi come mai non si sentono parte di questa Europa. Ho letto su Liberation un articolo sulla scuola e ho trovato una risposta interessante che non c’entra niente con la guerra e con le bombe: diceva che per sconfiggere il terrorismo forse bisogna pagare di più gli insegnanti.

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