Si è chiuso a Quito, in Ecuador, il IV Vertice della Celac, la Comunità dei paesi latinoamericani e caraibici che lascia fuori solo gli Usa e il Canada: praticamente la metà del mondo e relazioni che intersecano i cinque continenti, sia in termini economici che politici, perché alcuni paesi del blocco animano organismi regionali di segno opposto: all’insegna di nuove relazioni solidali o nel corso di Washington.

Un’area che, nel suo complesso costituisce la terza economia a livello mondiale, contiene la seconda maggior riserva petrolifera e la maggiore in biodiversità e un’alta concentrazione delle risorse minerali globali.

Una zona di fortissime disuguaglianze, nonostante i passi avanti compiuti dai governi progressisti che, dall’inizio del secolo, hanno affiancato Cuba su questa via.

A Quito, dove l’Ecuador ha passato la presidenza pro-tempore alla Repubblica dominicana – il tema delle disuguaglianze e delle povertà è stato il primo dei cinque grandi assi, corredati da una ventina di risoluzioni su cui si è dibattuto. Nella dichiarazione finale, la Celac ha rinnovato l’appoggio a Cuba e la condanna del blocco economico Usa, che persiste nonostante le «aperture».

Ha accettato il ruolo di garante del processo di pace in Colombia; ha deciso misure congiunte per combattere il dilagare del virus zika; e ha stabilito l’invio di osservatori ad Haiti, in piena crisi politica allo scadere del mandato dell’attuale presidente, Michel Martelly.

Un punto – questo – che ha evidenziato i diversi orientamenti esistenti nel variegato blocco: tra chi vorrebbe mandare in soffitta l’Organizzazione degli stati americani (Osa), e chi invece vorrebbe utilizzarla come testa d’ariete degli Usa nel continente. La Celac e la Unasur indicano il cammino verso una nuova architettura istituzionale della regione, all’insegna dell’anticolonialismo, e recano l’impronta delle trasformazioni vissute dall’inizio del secolo nel continente. L’Osa (Organizzazione degli Stati americani), presieduta dall’uruguayano Luis Almagro e storicamente diretta dagli Usa, conta di riprendere protagonismo approfittando del ritorno delle destre in due paesi centrali come Argentina e Venezuela e della sfavorevole congiuntura economica.

L’Osa già si trova ad Haiti, dove ha avallato quella che la piazza considera una massiccia frode elettorale organizzata da Washington.

Al contrario, Almagro è più volte intervenuto a gamba tesa nel processo elettorale in Venezuela, appoggiando apertamente l’opposizione.

Alla fine, a Quito si è deciso di inviare ad Haiti una missione tecnica composta da Bahamas, Ecuador, Uruguay e Venezuela.

Nel quadro del mondo globalizzato e di relazioni sfavorevoli agli interessi dei settori più vulnerabili, l’esistenza e il consolidamento della Celac (nata nel 2011 soprattutto per la spinta di Venezuela e Cuba), rappresenta già un piccolo miracolo: per le decisioni storiche fin qui prese, come quella di dichiarare tutta l’area «zona di pace», contraria alle aggressioni militari e alle influenze della Nato.

E ancor più perché questo vertice ha mostrato l’interesse generale a mantenere attivo il blocco – almeno a medio termine – anche da parte di governi neoliberisti come Messico, Colombia o Guatemala.

Significativo il modo in cui i diversi governi hanno affrontato, aggirato o eluso la discussione sulla crisi economica e sulle modalità per affrontarla.

Il linguaggio di paesi come Argentina, Perù o Messico, è stato quello della retorica e delle buone intenzioni, di solito usato nei grandi vertici.

Solo il presidente colombiano Manuel Santos ha parlato di «austerità intelligente e di cuore» per giustificare le misure neoliberiste che impone al suo paese.

Il blocco dei paesi «post-neoliberisti», invece ha espresso un altro indirizzo e altri modelli.

Da economista, il presidente ecuadoriano, Rafael Correa, ha appoggiato la proposta del suo omologo venezuelano, Nicolas Maduro per un Piano economico Tattico Anticrisi, che incrementi i flussi commerciali, la solidarietà tra i popoli e le economie regionali, diversificandone e promuovendone le diverse caratteristiche: con una nuova articolazione regionale che, pur nelle diversità, allontani lo spettro di un’America latina «balcanizzata» e nuovamente diretta dall’esterno.