Benyamin Netanyahu è partito per l’Uganda lasciandosi alle spalle il via libera, deciso assieme al ministro della difesa Lieberman, alla costruzione di quasi 800 nuovi appartamenti in cinque colonie ebraiche in Cisgiordania e a Gerusalemme Est. Il passo è allo stesso tempo una rappresaglia per l’uccisione, la scorsa settimana, da parte palestinese di un colono di Otniel e di una ragazza 13enne, Hallel Yafa Ariel, a Kiryat Arba, e una risposta al rapporto presentato dal Quartetto per il Medio Oriente (Usa, Russia, Ue e Onu) che denuncia la colonizzazione come l’ostacolo principale alla soluzione dei “Due Stati”, Israele e Palestina. Un documento che il premier israeliano non ha digerito e che, per motivi opposti, non è piaciuto neppure al presidente palestinese Abu Mazen, che di fatto viene accusato di istigare alla violenza contro Israele. «Siamo in una lotta prolungata contro il terrorismo e stiamo usando misure aggressive che non sono state usate in passato», ha avvertito Netanyahu preannunciando la presentazione di un piano speciale per la colonia di Kiryat Arba. Confermata anche la chiusura del distretto di Hebron, con pesanti limitazioni ai movimenti degli abitanti della città (in particolare nella zona H2 sotto il controllo israeliano), e l’invio di altri due battaglioni di soldati con l’incarico di sorvegliare le arterie stradali.
Queste misure non bastano ai coloni e ai loro rappresentanti ai vertici della politica. Anzi si dicono addirittura scontenti. I provvedimenti del governo infatti contengono anche l’approvazione alla costruzione di alcune centinaia di case arabe a Beit Safafa, un sobborgo di Gerusalemme Est al centro di un ampio piano di trasformazione avviato dalle autorità israeliane. Secondo il ministro dell’istruzione Naftali Bennett, leader del partito nazionalista religioso Casa Ebraica, la mossa creerebbe un blocco contiguo di aree palestinesi, una sorta di «corridoio» che arriverebbe sino al centro della città. In sostanza andrebbe contro i piani attuati a partire dall’occupazione nel 1967 volti a frantumare la parte araba (Est) di Gerusalemme in vari quartieri palestinesi separati tra di loro, come oggi è ben visibile a sud della città dove, ad esempio, il villaggio di Jabal al Mukhaber è stato isolato dalla colonia di Armon HaNetsiv.
«Le costruzioni arabe a Givat Hamatos (Beit Safafa) creerà un territorio palestinese contiguo fino a Malha, dividerà Gerusalemme, di fatto è una freccia palestinese nel cuore di Gerusalemme» ha protestato Bennett. Il suo collega Zeev Elkin ha chiesto che sia subito approvata la costruzione di centinaia di case per israeliani ebrei per compensare quelle destinate ai palestinesi. In realtà è già previsto. Nel 2014 la commissione comunale per la pianificazione edilizia a Gerusalemme ha approvato 2.600 nuove unità abitative per Givat Hamatos, in gran parte per i coloni. In pratica i ministri dell’ultradestra provano ad ottenere da Netanyahu altre case per gli israeliani nella zona araba di Gerusalemme approfittando delle circostanze favorevoli. Immancabile l’intervento del sindaco israeliano di Gerusalemme Nir Barkat. «A Gerusalemme vi è e continuerà ad esserci una maggioranza ebraica…È sbagliato approvare nuove costruzioni solo dopo un attacco terroristico. Abbiamo bisogno di costruire a Gerusalemme sempre», ha protestato Barkat che da tempo invoca una colonizzazione più intensa. Il sindaco ha promesso che il comune continuerà a portare avanti lo sviluppo edilizio di Gerusalemme sulla base del piano regolatore approvato dalla sua amministrazione. «Ai nostri amici negli Stati Uniti e in Europa dico che noi non approveremo le nuove costruzioni sulla base della religione e della nazionalità. Non si può costruire per gli arabi e congelare le costruzioni per gli ebrei». Il proclama di Barkat di uno sviluppo per tutti gli abitanti della città, ebrei e palestinesi, è ad uso diplomatico e mira a mascherare la realtà di un controllo israeliano sulla zona araba di Gerusalemme non riconosciuto e di leggi internazionali che vietano a Israele di insediare la sua popolazione civile nelle aree che ha occupato militarmente 49 anni fa.