Secondo i dati israeliani, sono circa 750mila i coloni ebrei insediati in Cisgiordania e a Gerusalemme Est. Vivono in 133 insediamenti e in un centinaio di «avamposti», illegali per la stessa legge israeliana ma di fatto riconosciuti dal governo Netanyahu. La maggior parte delle colonie ebraiche è situata a ridosso della «linea verde», quindi del territorio riconosciuto di Israele.

Ma le più «ideologiche» sono state edificate accanto alle principali città palestinesi e la loro presenza mette ormai a forte rischio la continuità territoriale di quello che dovrebbe essere il futuro Stato di Palestina.

Dal 1967 ad oggi le colonie sono cresciute a dismisura ma il loro sviluppo più intenso si è registrato dal 2009 in poi, da quando Benyamin Netanyahu ha preso la guida del Paese.

I tre governi che il premier ha formato da allora infatti hanno, in misura crescente, avviato un intenso sviluppo della colonizzazione , spesso a scapito delle esigenze degli israeliani più poveri.

I coloni, in definitiva, sono stati quasi sempre assecondati, nonostante i costi esorbitanti che hanno rappresentato. Per loro sono state costruite una rete stradale ed una rete idrica in parte alternative a quelle tradizionale e sono state edificate infrastrutture mai pensate per i palestinesi sotto occupazione. I coloni oggi sono adeguatamente rappresentati nel governo e nel parlamento dove possono contare sull’appoggio di ministri e deputati.

Il partito che maggiormente li rappresenta è Casa ebraica, guidato dal ministro dell’istruzione Naftali Bennett.